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Comitato Pratone di Torre Spaccata Parco Archeologico e Naturalistico e del Gruppo Ambiente e Territorio della Libera Assemblea di Centocelle

Il prossimo sabato, 30 aprile, i comitati territoriali “incarteranno” il Pratone di Torre Spaccata. Si tratta di un’iniziativa importante per almeno tre motivi: 1) è motivata dalla volontà forte di tutelare un lembo preziosissimo dell’agro romano, uno dei pochi rimasti dentro il raccordo, ed è una tra le più lunghe e significative battaglie per l’ambiente degli ultimi decenni a Roma – insieme a quella per la tutela del lago dell’Ex Snia Viscosa (l’articolo di Alessandra Valentinelli sul tema); 2) è una vicenda emblematica per le grandi questioni che solleva, tra cui emergono la continuità impressionante del sistema di sottogoverno che decide le sorti della città dal dopoguerra in funzione della rendita più che dell’interesse pubblico, e, insieme, il fallimento delle modalità di fare e di pensare l’urbanistica nella nostra città, che questo caso evidenzia con tutte le sue nefaste conseguenze, tra cui le Centralità urbane del NPRG; 3) è un movimento promettente, che dimostra che i cittadini insieme non semplicemente protestano e si oppongono, ma studiano, apprendono, ricercano e, soprattutto, sono ancora capaci di sognare, al contrario della politica.

I comitati si mobilitano per “incartare” di nuovo il Pratone di Torre Spaccata, dunque. Era già accaduto nel 2006, per difenderlo dalle previsioni del PRG che voleva scaricare 1.200.000 mc di cemento su un’area che in nulla si distingue dalle aree limitrofe e vincolate quali “Ad duas lauros”: anche in questo caso vi si concentrano i resti di ville romane, siti neolitici, flora e fauna di grande varietà e pregio, nella cornice dei colli albani che ancora si riconoscono all’orizzonte. A promuovere l’iniziativa è l’attivissimo e creativo Comitato Pratone di Torre Spaccata Parco Archeologico e Naturalistico, che su questa vertenza è impegnato da tempo, e ha promosso anche una petizione pubblica[1].

La mattina, cittadini di tutte le età, insieme a diversi artisti, daranno forma alla loro contrarietà al risorgente progetto di edificazione del Pratone, supportato ora da un nuovo allineamento dei poteri: Comune, Cassa Depositi e Prestiti, e Cinecittà Spa. Ma racconteranno anche i loro desideri e le loro visioni, che si coagulano in due immagini molto suggestive: il Parco delle Ville Romane, e la Corona Verde di Roma Est. La prima ipotesi è stata ideata e sostenuta dal Comitato Pratone di Torre Spaccata Parco Archeologico e Naturalistico. Immagina di tenere assieme il Pratone di Torre Spaccata, il Parco di Centocelle e la Villa Flaviana, di cui sogna la magnifica congiunzione in un unico sistema del Patrimonio della periferia orientale dal Mausoleo di Elena alla Villa di Sette Bassi. La seconda ipotesi immagina una vasta rete ecologica progettata dal basso da comitati e cittadini che, deframmentando le aree verdi del quadrante più popoloso di Roma, connetterebbe Parco dell’Aniene a Nord con il Parco dell’Appia a Sud [2].

Al desiderio potente di realizzare un’idea diversa di città vengono ora contrapposti due o tre teatri di posa di Cinecittà che potrebbero essere collocati altrove, magari anche in spazi già costruiti da riusare. Ma soprattutto, insieme ai teatri, l’amministrazione continua a ritenere plausibili i 600.000 mc di edificazione previsti dalla Centralità, ancora oggi, in piena crisi climatica, nonostante l’obiettivo generale continuamente richiamato della “transizione ecologica” e, soprattutto, dopo che il Sindaco ha vinto le elezioni con un programma in cui il “primo principio” urbanistico è lo “stop nell’agro romano al consumo di suolo” [3].

Per capire la storia di quest’area, nel pomeriggio sarà presentato un dossier pesantissimo: la ricostruzione dettagliata della vicenda urbanistica del Pratone e dei poteri forti che l’hanno determinata.

Il dossier intitolato “ALLA FIERA DELL’EST” [4] è stato realizzato grazie alla collaborazione tra Comitato Pratone di Torre Spaccata Parco Archeologico e Naturalistico, e il Gruppo Ambiente e Territorio della Libera Assemblea di Centocelle. Ricostruisce la complicatissima vicenda dei regimi proprietari di una delle aree più contese della periferia di Roma, una lingua di splendido agro romano stracolma di storia e natura che gli abitanti di Torre Spaccata da sempre chiamano affettuosamente “Pratone”, ma che l’amministrazione ha costantemente considerato un’area da cementificare più o meno massicciamente, prima in quanto sub comprensorio del mai realizzato Asse attrezzato orientale previsto dal Piano regolatore del 1965 (in seguito Sistema Direzionale Orientale), poi come Centralità urbana del Nuovo Piano Regolatore Generale approvato nel 2008.

Quella del Pratone è una vicenda “esemplare” perché, forse più di tante altre, rende evidente come a Roma i nessi tra gli interessi della rendita urbana e le scelte della pianificazione urbanistica risultino così profondi e persistenti da far pensare a un vero e proprio sistema di “sottogoverno”. Il vorticoso avvicendarsi e tendersi la mano di poteri “fortissimi”, pubblici e privati, nella proprietà e nei progetti di edificazione del Pratone, porta alla luce le dinamiche che hanno anteposto l’interesse privato all’interesse pubblico, e la rendita urbana alla tutela del patrimonio territoriale. Passando di mano in mano tra i poteri “più” forti di Roma – Torlonia, Gerini, Cabassi, Italstat, Cassa Depositi e Prestiti – il Pratone può essere considerato esempio dell’economia di carta: in mezzo secolo di progetti mai realizzati, e senza che vi si posasse un solo mattone, il Pratone ha fruttato per i privati gigantesche plusvalenze.

Questo dossier rende manifesta la distanza tra chi detiene il potere decisionale e i cittadini, con i loro bisogni e desideri, i quali chiedono prima di tutto che vengano riconosciuti i valori territoriali e soprattutto che siano riconosciute come prioritarie le esigenze rese ormai evidenti da crisi planetarie come l’emergenza climatica e la pandemia – che necessitano di un cambiamento di paradigma sociale ed economico.

Sul Pratone la politica romana ha finora mostrato il peggio di sé, mostrando una cooperazione che sarebbe auspicabilissima se orientata verso altri obiettivi che non la speculazione.

In quale idea di città possono convivere le colate di cemento con le ville romane e i siti neolitici del Pratone, e con l’ecosistema straordinario che lo rende componente tutt’altro che secondaria – come vorrebbe il PRG – della rete ecologica della città?

I valori sono, se non del tutto negati, quantomeno non riconosciti [5] – non sono infatti stati integralmente registrati e vincolati nelle carte e negli atti ufficiali, da quella della Qualità urbana del Piano Regolatore al Piano Territoriale Paesistico della Regione, mentre si costruiscono sempre nuovi motivi di un qualche interesse pubblico superiore.

Per il momento, come si può evincere dalle pagine del Dossier, il Pratone ha superato (quasi) indenne le minacce di cementificazione legate a due fra i principali fallimenti della pianificazione urbanistica romana, entrambi finalizzati al decentramento: il primo è lo SDO (Sistema Direzionale Orientale), il secondo sono le Centralità urbane-metropolitane del NPRG.

Oggi si sta cercando di “imporre” un altro interesse “superiore” che legittimi la cancellazione dei valori del Pratone, quello veicolato dal PNRR, che prevede il rilancio degli studi cinematografici di Cinecittà. Un progetto che potremmo anche ritenere importante e persino necessario – qualora fosse consentito di valutarlo nel merito –, ma che induce a interrogarsi sul se e sul perché sia necessario realizzarlo proprio nell’area del Pratone, e non si possa invece collocarlo in una delle tantissime aree abbandonate o inutilizzate che, nel quadrante e persino nella stessa zona degli studios, risultano già edificate o compromesse dal punto di vista ambientale.

Purtroppo, le dichiarazioni pubbliche della giunta capitolina sono tutte nel senso della “impossibilità” di rinunciare al cemento della Centralità urbana, e della “necessità”, anzi, dell’”urgenza” di realizzare quanto previsto dal PNRR: non mancano le ragioni per sospettare che il progetto di Cinecittà Spa, per come si è andato affermando, rappresenti in realtà una sorta di paravento per coprire obiettivi speculativi e, purtroppo, la reiterazione di errori già noti.

A quanti accusano i comitati locali di non saper superare la dicotomia tra sviluppo economico e tutela dell’ambiente, tra occupazione e verde, gli stessi cittadini rispondono che la vera dicotomia osservabile è quella tra speculazione e diritto alla città, che significa diritto di tutti i cittadini a costruire in modo partecipato una città inclusiva e sostenibile. E in questo diritto, che è negato, sono compresi anche due diritti complementari: il diritto dei cittadini a partecipare alle scelte che determinano la qualità della loro vita, e anche il diritto-dovere all’ambiente – peraltro riconosciuto come diritto costituzionale, da intendersi da un lato come diritto dei cittadini a un ambiente naturale salubre ed equilibrato (art. 9), e dall’altro come dovere per l’“iniziativa economica privata” di “non recare danno” all’ambiente (art. 14).

Il destino del Pratone di Torre Spaccata si trova di nuovo ad un bivio, non meno decisivo di quelli in cui si è trovato nel corso della sua storia.

Ad oggi il Pratone è stato “riappropriato” dai cittadini che, in particolare durante la pandemia, hanno riscoperto la prossimità e la natura come dimensioni fondamentali per il benessere individuale e per la vita collettiva e civile, e il Pratone come “bene comune”. Coppie e famiglie sono tornate a viverlo per passeggiate e picnic, bambini e ragazzi giocano a pallone, si rincorrono e vanno in bici; ci si praticano sport e si porta a spasso il cane o, semplicemente, invece di passare per le strade trafficate, si attraversa il Pratone per andare a fare la spesa sul lato opposto del quartiere. La pandemia ha bucato materialmente le maglie della proprietà esclusiva, per quanto pubblica, forzando in più tratti la recinzione. Ed è metà dell’impresa, l’altra metà riguarda la formalizzazione di questo meraviglioso sogno di riappropriazione.

Del resto, non c’è bisogno d’essere urbanisti per capirlo: anche un bambino, guardando l’immagine satellitare del Pratone, capirebbe che lì, tra distese sterminate di cemento, non deve essere più consumato neanche un centimetro di suolo.

Ma sarà nuovamente la politica a decidere quale direzione dare alla vicenda.

Può decidere di rimanere ostaggio della rendite speculative, continuando a reputare inviolabili le “capacità edificatorie” del Pratone – le quali seppur formalmente legittime, nella sostanza non sono tali dal punto di vista dell’interesse pubblico, se si considera la loro genesi fortemente determinata dalla sorprendente “sincronizzazione” tra interessi e iniziative dei proprietari da un lato e scelte operate in sede di pianificazione urbanistica dall’altro), e soprattutto sono da ritenersi del tutto inattuali alla luce dei profondi mutamenti nelle condizioni ambientali, socio-economiche, demografiche e territoriali.

Può, al contrario, decidere di prendere sul serio l’obiettivo fondamentale del PNRR, quello della “transizione ecologica” – rinunciando ad ulteriore consumo di suolo e pensando invece a riqualificare le aree già compromesse – ma, ancora prima, il dettato costituzionale rispetto alla funzione sociale della proprietà e al diritto-dovere di tutela dell’ambiente – riconoscendo i bisogni e le aspirazioni dei cittadini, così come gli alti valori patrimoniali del territorio. Nel caso del Pratone, questo significherebbe liberarsi di zavorre insostenibili come le Centralità urbane, e anche aprirsi a soluzioni di piena compatibilità, e non di compromesso al ribasso, tra i valori patrimoniali e progetti di sviluppo come quello di Cinecittà studios. Ciò in quanto i beni del patrimonio materiale non sono risorse rinnovabili, e la loro piena valorizzazione può costituire una prospettiva di sviluppo più durevole, inclusiva e sostenibile, soprattutto se riguardano la periferia urbana.

Ci attendiamo perciò che questa amministrazione si dimostri all’altezza della sfida, e con coraggio proceda a costruire insieme ai cittadini un grande progetto e una grande visione che interpreti il Pratone per il valore effettivo che rappresenta: da un lato come componente primaria di una vasta rete ecologica (programma prescrittivo del PRG mai realizzato e oggi progettato dal basso dai comitati territoriali in una immagine-piano definita “Corona verde di Roma Est” sopra menzionata), dall’altro come parte integrante di un vasto “Parco delle Ville Romane” che contribuisca a saldare in un unico sistema, connesso a quello centrale, lo straordinario patrimonio romano.

Sabato 30 aprile

  • Mobilitazione: ore 10.00 al parco di via Rugantino 113 (Torre Spaccata)
  • Conferenza stampa in collaborazione con il Gruppo Ambiente e Territorio della Libera Assemblea di Centocelle: ore 16.00, Sala Cento Incroci, a via delle Palme 158 (Centocelle)

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[1] La petizione ha raccolto 2724 firme.

[2] Questa ipotesi è il risultato del lavoro del Gruppo Ambiente e Territorio della Libera Assemblea di Centocelle, con la collaborazione del DICEA della Sapienza di Roma e il supporto della Fondazione Paolo Bulgari.

[3] Si cf. p. 50.

[4] Si riporta qui un estratto da Introduzione e Conclusioni del Dossier stesso, scaricabile.

[5] Ci si riferisce qui al Codice dei Beni culturali che prescrive vincoli diretti sui beni d’interesse culturale ma anche alla Legge Galasso (L. 8 agosto 1985, n. 431, art. 1, lett. m) che prescrive il vincolo paesistico per le “zone d’interesse archeologico”.

“Corridoi verdi tra Torre Spaccata e Centocelle”. Disegno e progetto di Lisa Carignani (2019), tratto dalla tesi magistrale in architettura (Università degli Studi di Roma Tre) svolta in collaborazione con la tesi di Camilla Siliotti in archeologia (Università della Sapienza di Roma)