ROMA IMMOBILE. CHI BLOCCA ROMA?

Roma, 3 novembre 2023 (di Andrea Declich)

Parlo a nome del Gruppo Mobilità di Roma Ricerca Roma, che coordino.

Vogliamo oggi proporre elementi per una riflessione sui trasporti a Roma e sul significato che questo tema ha per la città nel suo insieme.

L’attuale sistema dei trasporti romano è al collasso.

Il trasporto pubblico romano è lento, inaffidabile, per nulla confortevole.

I dati sui km percorsi in totale dal servizio pubblico locale sono in costante discesa fino al 2019 (poi c’è stato il COVID):
• si è passati dai 181,2 milioni di vetture-km del 2014 ai 177,9 del 2019 ;
• sempre al di sotto del livello programmato (che nel 2019 era 201,6 milioni);
• colpisce la tendenza storica. Il dato del 2001 (175.5 milioni) era poco al di sotto di quello attuale ed ebbe un picco nel 2007 (191.3 milioni ) e poi ancora nel 2010, con risultati migliori di quelli del 2019 .
Non mi dilungo su questi dati. Quelli più recenti e disaggregati non indicano un cambiamento di tendenza.

Per quanto riguarda la qualità del servizio, il dato piuttosto evidente è quello della inaffidabilità.
• Da anni i dati misurati sono negativi .
• La stessa ACoS nel 2023 fornisce dati che indicano insoddisfazione da parte degli utenti rispetto ad attese, a numero di mezzi in circolazione, regolarità del servizio, sovraffollamento”

Nella maggior parte delle situazioni, il trasporto pubblico non è paragonabile all’automobile, che rimane l’unica soluzione, nonostante che per molte persone sia una scelta gravosa.

Invece, Roma potrebbe essere una città in cui ti muovi agevolmente e velocemente: con la Linea Togliatti, proveniendo da qualche parte di Roma Est, si potrebbe prendere un rinnovato Tram Giardinetti, arrivare al Pigneto, un nodo tramviario e ferroviario. Non sarebbe difficile arrivare al Colosseo oppure, proseguendo a Porta maggiore, prendere le linee di tram che ti portano in varie zone centrali. Lo si potrebbe fare quotidianamente per lavoro oppure per girare in centro e nella zona archeologica, magari con l’Archeotram. La Roma notturna potrebbe essere servita allo stesso modo. Con la Metro si arriva a San Paolo e da lì i tram servirebbero tutte le movide del mondo.

Il tutto senza prendere l’auto e mettendoci meno tempo che con l’auto.

Si racconta così una Roma molto diversa da quella di oggi, ma in fondo non troppo.
Basterebbe fare poche cose in più di quelle attualmente previste e, più che altro, farle bene.
E parliamo di una parte minima di quella che è la “rivoluzione del ferro” di cui tanto spesso si è sentito parlare.

Il problema non è tecnico anche se è indubbio che abbia profondi risvolti tecnici.

Alla base di questo scenario che oggi sembra utopico, c’è un fatto a suo modo semplice: quando si parla di politica, anche nei trasporti, si tratta di scegliere da che parte stare.

Si sceglie quando si stabiliscono gli obiettivi.
o Gli obiettivi dovrebbero essere eliminare:
 la discriminazione spaziale;
 le discriminazioni di genere (che sono un aspetto importante dei trasporti).

Si sceglie per avviare un processo di cambiamento di lunga durata (la cura del ferro non si fa in una consiliatura) e per gestirne l’evoluzione.

Si fanno scelte anche per promuovere il consenso e gestire i conflitti. Sono questioni essenziali: un sistema di trasporti funziona se armonizza, o quanto meno dà un ordine al comportamento quotidiano di milioni di persone.

Ma il consenso verso una riforma deve avere come base l’ambizione di fare cose che cambiano la vita dei romani (in meglio, urge precisare).

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Siamo per il trasporto pubblico, inteso come trasporto collettivo.

E’ questa, secondo noi, la scelta di fondo che deve essere chiara.

Come regola generale ci dovrebbe essere il fatto che per andare da un punto all’altra della città, non ci deve essere convenienza a farlo con mezzo proprio.

Questa opzione dovrebbe essere banale. Troppo spesso, però, si dà per assodato che il romano prenda l’auto per pigrizia e quindi per questo motivo i servizi pubblici non funzionano.

Va anche chiarito che questa scelta di principio a favore del trasporto pubblico non va confusa con l’accettazione della gestione delirante del nostro servizio pubblico. Non è questo che intendiamo.

Trasporto pubblico, invece, può e deve significare efficienza, qualità, equità. Questo, a Roma, significa, tra le altre cose, optare per la cosiddetta “rivoluzione del ferro”.

Ci sono tanti motivi per cui una scelta decisa a favore del trasporto pubblico, incentrato sul ferro, si pone come necessaria.

Rispettare l’ambiente è un dovere e il trasporto pubblico è più pulito, almeno potenzialmente.
Questo ovviamente, non significa che le cose vadano in questa direzione, visto che la situazione dei tram e dei filobus è piuttosto disastrosa. Si possono fare, a questo proposito, alcune considerazioni:
• Ultimamente è stata avviata una politica di rinnovamento dei mezzi.
o Va detto, però, che la scelta per i sistemi elettrici e collettivi di trasporto dovrebbe essere un argomento forte nella politica romana, ma questa opzione non è emersa come una scelta distintiva e di lungo periodo
• L’opzione auto è dannosa anche se tutti avessero (e si potessero permettere) l’auto elettrica. Il tema è la congestione. Lo spazio necessario per le auto non c’è
o A Roma, invece, continuiamo a proporre parcheggi nelle zone centrali (vedi Castel Sant’Angelo e Piazza Risorgimento, opere considerate urgenti nell’ambito del Giubileo)

Ci sono aspetti importanti del trasporto pubblico che devono essere sottolineate:
• Il trasporto pubblico, o concesso dal pubblico, è la condizione per una razionalizzazione dell’uso dello spazio pubblico.
• Il trasporto pubblico andrebbe considerato come un’opzione valida anche per il trasporto turistico.
o Al momento, il piano pullman del Giubileo è del tutto deficitario
• Il trasporto pubblico, se ben gestito, ha una fondamentale funzione riequilibratrice e in qualche modo redistributiva.

Il trasporto pubblico è la condizione per soddisfare una domanda di mobilità crescente.
Difficile stimarla. A Roma, tra il 2015 e il 2019 si è avuta una diminuzione dei passeggeri trasportati del 24% (mentre era in crescita in tutte le città italiane, a parte Napoli ).

Quella rappresentata da questi numeri, però, è solamente la domanda effettivamente soddisfatta. Ma, ci si chiede: quanto trasporto pubblico domandano veramente i romani?

Roma, in realtà, è una città i cui abitanti complessivi non aumentano, ma che in parte “emigrano” verso l’esterno.
E’ difficile pensare che queste stesse persone vadano fuori per poi non muoversi.
Questo fenomeno, d’altra parte, è ben documentato e non è certo nuovo (è stato approfondito, tra gli altri, dagli amici di #mapparoma ”. Il comune, nelle sue pubblicazioni, a questo proposito afferma che “Il flusso di pendolari per lavoro verso Roma Capitale appare in crescita nel lungo periodo.” .

Va detto, quindi, che non è data la possibilità, a Roma, di incrementare la mobilità col ricorso ai mezzi che non siano privati , a questo crea un problema di congestionamento .

Il problema, cioè, è che alla domanda crescente di trasporti si stanno dando risposte evidentemente insufficienti e che non rispondono alle sfide.

Noi pensiamo che il modo corretto di qualificare la scelta per il trasporto pubblico consiste nel porre la questione dell’accessibilità.

Ma la questione è profonda. Se quella della città dei 15 minuti è un’idea suggestiva, essa però, riguarda troppo l’amministrazione: 15 minuti verso i servizi pubblici. La città non è solo accesso ai servizi pubblici.

L’accessibilità è:
o motore della coesione sociale, perché rende possibile la “mescolanza” sociale;
o motore di crescita economica, perché rende possibile l’attivazione del capitale sociale urbano, l’incontro, il confronto, le opportunità.
L’accessibilità è, in sostanza, la base stessa della urbanità

L’opzione per il trasporto pubblico deve implicare l’assenza di discriminazioni all’accesso. Per questo critichiamo l’idea, che spesso emerge, per cui si debba pagare per accedere al centro storico. Peraltro, finora nessuno ha spiegato come circola chi non paga perché non lo può fare (e un discorso diverso ma con forti analogie si può fare in relazione alla ZTL verde).

Va detto anche che il trasporto pubblico deve significare accesso alla bellezza e alle opportunità connesse al nostro patrimonio culturale. Chi sta a Roma – inclusi i residenti – deve poter accedere con facilità al centro storico. Al momento, per farlo bisogna vivere vicino alla metropolitana.

Ci sono qui e lì cose buone che si stanno facendo, ma la domanda riguarda:
• i tempi;
• il “dove”;
• il come.

Al momento si predica solo la pazienza.

Al momento, vediamo che l’ATAC ha un’offerta al di sotto dei limiti stabiliti


BISOGNA GESTIRE LA TRANSIZIONE AL FERRO

Porterò qui alcuni esempi sulla gestione della transizione.
• Il nodo del Pigneto e il nodo di Porta Maggiore.
o La soluzione di queste due questioni rappresenta solamente una parte della “rivoluzione del ferro”. Ma fondamentale.
o Sono due temi sui quali abbiamo promosso un confronto pubblico , ma l’amministrazione è sfuggita al confronto. E’ stata evasiva e arrogante. Sicuramente non convincente. E ha usato il latinorum della competenza tecnica.
o Il punto è che gli interventi per la mobilità non si possono fare a metà.

• Inoltre, l’intervento parziale (la singola linea di tram) deve essere fatto bene. Oltre alla questione del Tram G (connessa al nodo del Pigneto e di Porta Maggiore), si pensi all’esempio del Tram 8: presi dalla necessità di fare una manutenzione non più rimandabile – ma prevedibile – si è scelto di rifare le cose come erano prima, ma peggio:
o Si usano le navette sostitutive nel caso – molto frequente – dei guasti.
o Non si sono fatte scelte per la precedenza al tram; non si è utilizzato il manto erboso (non mi dilungo, ne ha parlato la stampa, i blog e gli amici di Metrovia).
• L’Archeotram, di cui si parlava nel progetto Fori (e attaccato dal Messaggero) è un altro esempio: è uno scandalo che non si faccia.
o E’ un intervento che richiederebbe una spesa relativamente ridotta e tempi di attuazione brevi;
o E’ un intervento che Contribuirebbe a ridurre di molto il traffico di pullman turistici in favore di una soluzione efficiente
o E’ un’altra occasione mancata?

Quale messaggio si dà, in questo modo, alla cittadinanza?
• I romani possono riporre fiducia in una cura del ferro che non sana la mobilità malata?
• Si può chiedere fiducia in una politica della durata di lustri se si fanno questi errori?
• Si può chiedere alle persone di cambiare le proprie abitudini più “intime”, che impattano sull’organizzazione delle famiglie, con queste premesse?
• Se si generano aspettative pessimistiche, quali comportamenti “virtuosi” si riescono a promuovere?
• E’ così che si intende gestire la transizione al ferro? Questa è una questione politica fondamentale.


GESTIRE LA TRANSIZIONE È LA POLITICA DEL FERRO

Suggeriamo di pensare al fatto che la politica del ferro consiste nel gestire la transizione verso il ferro. Questa osservazione, in sé piuttosto semplice, ha delle implicazioni.

• La “rivoluzione del ferro” è una rivoluzione permanente.
o Dura a lungo, gli obiettivi operativi evolvono in continuazione, è richiesta flessibilità.
• In ogni momento della transizione bisogna offrire una prospettiva circa quello che si sta facendo.
• Le scelte devono essere chiare (e devono contemplare anche la possibilità, per il futuro, di realizzare le metropolitane in superficie, sulla rete ferroviaria).
• Le scelte devono essere condivise; con la condivisione si produce consenso e si emendano gli errori di progettazione.
• I tempi devono essere chiari.
• L’informazione deve essere data sempre (i dati alla base delle scelte non sono pubblici, chiari, attingibili, contestabili )

Tutto ciò ha delle conseguenze pratiche:

• La transizione richiede pazienza. Ma non è con la sola pazienza – spesso evocata dal sindaco – che i problemi trovano la soluzione.
• La Transizione implica il dovere di dare un’alternativa effettiva mentre essa si compie. A chi “vuole” prendere la macchina si dice che non lo può fare senza limiti. Ma ci deve essere offerta una alternativa immediata, vera, praticabile, efficace, efficiente.
• Bisogna, cioè, praticare il metodo che definirei del bastone e delle due carote: al cittadino che non può più prendere l’auto per un divieto connesso alle politiche della mobilità, si deve dare, nello stesso momento, un’alternativa reale (se non migliore, almeno non punitiva).
• Il rischio è che si faccia sempre quanto è successo con la ZTL allargata: il comune si è visto costretto a tornare indietro. Leggiamo, infatti, che la scadenza della ZTL verde è stata spostata al 2024. Ci sono delle osservazioni da fare a questo proposito:
o Non si usa questo tempo per approntare quelle modifiche al servizio tali che chi sarà costretto a rinunciare alla sua auto inquinante possa accedere alla città senza ulteriori sacrifici (le linee veloci della giunta Rutelli, linee protette, dedicate, imprescindibili… insomma qualcosa)
o In linea teorica, qualcosa di simile è quello che si sta facendo con la linea Casalotti-Battistini (vedremo come verrà gestita): ma ci vogliono iniziative forti e tangibili. Ci vuole ben altro…
• Se non si promuove un efficiente servizio pubblico se si nega al romano il diritto e l’accesso alla città, incluso il suo centro storico, non si ha il coraggio ambientalista che pure è necessario: semplicemente, si mettono i romani sulle loro auto.
• Non apriamo, perché la cosa prenderebbe troppo tempo, il tema dei controlli sulla circolazione: soste vietate, doppie file, eccesso di velocità.
o Non c’è politica della mobilità, quale che sia, che non si basi su un insieme condiviso di regole e comportamenti.
o Il trasporto pubblico non avrà mai successo se gli spazi per i mezzi pubblici vengono occupati in maniera caotica e irrazionale

• Non abbiamo parlato della mobilità dolce e della bici. Non perché se ne neghi l’importanza. Un nostro limite – forse – è stato concentrarci sul tema del ferro.
• Tutti sanno che la mobilità dolce ha prospettive se integrata un trasporto pubblico efficiente
• Altri interverranno su questi temi.
• In questo quadro, un mio personale auspicio è che si tratti in maniera sistematica anche il tema della mobilità sui motocicli, che viene dimenticato.


CHI BLOCCA ROMA

Fin qui si è parlato in particolare dell’amministrazione, cosa inevitabile, visto l’argomento.

Ma non intendiamo dire che dietro un approccio sbagliato ci sia la sola responsabilità dell’amministrazione.

Si ha, piuttosto, la netta impressione che le politiche deludenti dei trasporti finiscano per garantire il mantenimento dello status quo.

Senza una chiara scelta per il trasporto pubblico e per l’accesso alla città, senza politiche coerenti, senza la giusta ambizione, si hanno delle conseguenze, negative per i romani nel loro insieme:
• l’uso dello spazio collettivo e della città rimane quello di oggi; con il conseguente orientamento allo sfruttamento dissennato della rendita fondiaria e l’espansione insensata.
o D’altronde, si dice che il mattone è il petrolio di Roma, con buona pace dell’industria, della ricerca, dei servizi avanzati, della cultura.
o Non stupiscono, in questo quadro, le campagne contro i tram e contro l’Archeotram e, in generale, un sistema dei trasporti da sempre malandato.
• Altre conseguenze sono che:
o Prosegue la separazione del centro dalla città e il suo degrado turistico;
o Prosegue l’espulsione dei residenti oltre il GRA;
o Si glissa sul fatto che un’azienda come l’ATAC così platealmente inadempiente dovrebbe essere riformata da cima a fondo. E non si toccano le molteplici cause che la rendono inefficiente.
 Andrebbe detto con forza che offrire un servizio migliore è un dovere democratico nei confronti dei cittadini e del diritto all’accesso alla città per tutti (specie dei più disagiati, che hanno bisogno del trasporto pubblico).

Per finire, osservo che un certo attivismo dell’amministrazione – che pure si nota – finisce per nascondere il rischio di gattopardismo: una manciata di interventi frammentari, fatti male e insufficienti a favore del ferro (qualche rinnovato tranvetto qui e lì) per fare in modo che tutto rimanga come prima.