Autore
Michel Gras
Dal 1666 ad oggi, Roma ha visto la fondazione di molti Istituti e Accademie, soprattutto europei, per le scienze umane e la cultura. Un caso unico nel mondo. Roma è stata per sempre segnata dalla bella ma troppo breve storia dell’Istituto di corrispondenza archeologica, nato a Roma nel lontano 1829 con un forte spirito europeo e vittima degli scontri ottocenteschi.
Il 10 marzo del 1945, 19 archeologi americani e europei annunciavano la creazione a Roma dell’Associazione internazionale di archeologia classica (AIAC), tutt’ora esistente. Era un primo segnale. Dal 1946, l’Unione internazionale degli Istituti di archeologia, storia e storia dell’arte in Roma, un’associazione – diventata “Ente Morale” su iniziativa del Presidente della Repubblica Italiana (decreto del 30 giugno 1955 n. 756 modificato) – ha per scopo di incentivare l’attività delle sue componenti. Tale Unione comprende anche molte Istituzioni italiane, a cominciare dall’Accademia Nazionale dei Lincei, e due Istituzioni Pontificie. L’Unione ha tradizionalmente escluso la parola “straniero” dal suo vocabolario per sottolineare la vicinanza che lega Istituti e Accademie all’Italia e agli Italiani. Purtroppo oggi l’Unione riflette ancora la situazione nel dopoguerra e meriterebbe un aggiornamento istituzionale (soprattutto per la parte italiana) e un dovuto riconoscimento dall’ Unione Europea e dal Consiglio dell’Europa.
Istituti e Accademie non italiani sono dispersi nella città:
– intorno a Villa Borghese, a Valle Giulia (Austriaci, Belgi, Britannici, Danesi, Neerlandesi, Romeni, Svedesi);
– sul Pincio e dintorni (Francesi, Svizzeri, Tedeschi);
– presso la Nomentana (Tedeschi);
– sul Gianicolo (Americani, Finlandesi, Norvegesi, Spagnoli);
– nel quartiere Prati (Polacchi);
– in Campo Marzio (Francesi, Polacchi, Spagnoli, Ungheresi);
– in periferia: Appio (Cechi); Cassia (Slovacchi); Aurelia (Tedeschi).
Alcuni di loro occupano delle sedi prestigiose a cominciare da Villa Médici per l’Académie de France, Villa Lante per l’Institutum Romanum Finlandiae, Villa Aurelia per l’American Academy, Palazzo Farnese per l’Ecole française, Villa Massimo per l’Accademia Tedesca, Villa Maraini per l’Istituto Svizzero. A Valle Giulia emerge un complesso impressionante di edifici di alto livello architettonico come su via Sardegna per l’Istituto archeologico germanico (oggi in via Sicilia come sede provvisoria), in via Aurelia per l’Istituto storico germanico, in Piazza Navona per l’Ecole française e in via di Sant’Eufemia presso i Fori per l’Escuela española de Historia y Arqueologia.
Cuore dei tali strutture sono state a lungo le loro biblioteche, luoghi dell’attività degli studiosi, tradizionalmente accessibili agli Italiani. Luoghi di silenzio e di meditazione. Sono sempre oggi di un’importanza centrale per la ricchezza dei loro fondi che contengono molte collezioni ancora non accessibili su Internet. Ma è in corso una mutazione che ne fa anche dei luoghi d’incontro e di scambio scientifico, una dimensione emersa come indispensabile alla luce della recente e tutt’ora attuale pandemia. Tale dimensione ha preso sempre di più un posto centrale con l’organizzazione di mostre, concerti, rassegne, convegni, colloqui, seminari, dibattiti culturali e scientifici. Sono tanti piccoli laboratori, tanti polmoni che consentono a Roma un respiro internazionale e in particolare europeo.
Tuttavia l’importanza odierna degli Istituti e Accademie “non italiani” è probabilmente quella di accogliere nei loro muri dei giovani studiosi e artisti per periodi che vanno da un mese a tre anni. Sono tanti (vari centinaia forse di più, dottorandi e post-dottorandi). Da alcuni anni, il reclutamento di ogni Ente è sempre di più internazionale. Un melting pot. E cosi ogni anno Roma ospita una gioventù entusiasta e curiosa. Alcuni non ripartono, molti torneranno spesso. Quelli che hanno i soggiorni più lunghi abitano spesso in città, gli altri nelle sedi istituzionali. Sono attivi e avranno spesso Roma per riferimento in tutta la loro vita. La dimensione internazionale di Roma emerge cosi in modo molto concreto. Si devono frequentare sempre di più senza chiudersi nelle loro sedi. Roma li deve chiamare. Risponderanno.
La politica sempre più internazionale delle tre università romane, a cominciare da Sapienza Università di Roma, s’inserisce dunque nel settore delle scienze umane e della cultura in un contesto pronto ad accogliere ogni iniziativa. Il seminario Declinare Roma del 2018 della Facoltà di architettura di Sapienza ha aperto una stagione che deve durare.
Per l’archeologia, la politica degli Istituti non italiani dell’Unione ha una grande tradizione. Basta pensare alle imprese della British School nel territorio di Veio dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1979 la Soprintendenza archeologica di Roma ha fatto una gradita apertura agli Istituti per contribuire agli scavi del Foro Romano e del Palatino. La loro presenza si è anche manifestata in periferia (Casilina, Ficana, La Magliana, Ostia, Tusculum). Un bilancio dal 1975 in poi è stato pubblicato per tutta l’Italia (in Bollettino di archeologia, 2008, 2 vol.).
Se guardiamo alle altre attività di tali Istituti ci rendiamo conto di una doppia tendenza verso “programmi” e verso “eventi”. Sono due modi d’intervento molto diversi legati, l’uno (l’evento) ad un approccio culturale, l’altro (i programmi) ad un approccio scientifico. Il primo porta ad avere un impatto immediato, il secondo fa emergere delle nuove tendenze storiografiche. Non si tratta di scegliere ma di avere la consapevolezza di tale doppia dimensione. La stagione dell’Estate Romana di Renato Nicolini è sempre nelle memorie (ha sconvolto positivamente la città) ma lo è anche la grande mostra Civiltà del Lazio primitivo (1976, via Nazionale) con un contributo non indifferente di alcuni “non italiani”. La dinamica culturale e scientifica ha bisogno di camminare su queste due gambe.
L’Unione soffre di non avere una sede fissa. Da sempre la sua sede è quella del Presidente pro tempore e cosi viaggia da un Istituto all’altro. Ma tale lacuna s’inserisce in un discorso ben più largo. Roma non ha un punto di ritrovo condiviso per tutta la sua attività scientifica e culturale. Una cartografia completa di tutte le strutture di questo tipo esistenti a Roma farebbe emergere un formicolio di punti dispersi, impedendo una dinamica collettiva. Beninteso, ognuno deve avere la propria attività nei propri spazi ma serve l’incontro. È una sfida da tener presente invece di cercare sempre di moltiplicare i Musei che sono già tanti e di alto livello. Senza dimenticare che tale Casa Comune potrebbe anche servire ai Musei aldilà della loro collocazione amministrativa. Roma ha bisogno di una Casa del Sapere, che sia un luogo di ritrovo, di dialogo e di dibattiti intellettuali ma anche una vetrina del suo potenziale, culla largamente aperta ai cittadini in un luogo facilmente accessibile per tutti. Una struttura leggera ma capace di gestire un’agenda condivisa su un unico sito web senza cercare una impossibile articolazione senza sovrapposizioni di fronte alla massa di manifestazioni.
I “non Italiani” – che fra loro parlano spesso l’italiano, la lingua del territorio – possono dare il loro contributo all’emergenza di tale vetrina. Oggi Roma (la città dove è stato firmato il primo trattato europeo nel 1957) può anche puntare sul suo potenziale internazionale giovanile, – un Super-Erasmus permanente – facendo di tutto per integrare tali giovani “viaggiatori”, i quali – all’inverso di alcuni di loro predecessori lontani – sanno che Roma e l’Italia devono essere capite prima di essere giudicate con i soliti stereotipi.
Michel Gras è socio straniero dell’Accademia nazionale dei Lincei (dal 2012); Direttore dell’Ecole française de Rome (2003-2011); Membro del Consiglio scientifico del CNR (2008-2011); Membro del Consiglio di Amministrazione di Sapienza Università di Roma (2013-2019); Membro della Commissione paritetica per l’Area centrale di Roma (2014); Membro della Commissione per l’Arena del Colosseo (2021).
Bibliografia
Speculum Mundi. Roma centro internazionale di ricerche umanistiche, a cura di Paolo Vian, Roma, 1993.
« Hospes eras, civem te feci ». Italiani e non Italiani a Roma nell’ambito delle ricerche umanistiche, Roma, 1996.
Noelle-Laetitia Perret, L’Institut suisse de Rome. Entre culture, politique et diplomatie, Neuchâtel, 2002.
Frederick Whitling, The Western Way. Academic Diplomacy Foreign Institute in Rome 1935-1953, Firenze, 2010.
Repensar la Escuela del CSIC en Roma, Ricardo Olmos, Trinidad Tortosa, Juan Pedro Bellón, ed. Madrid, 2010.
« All’Ecole de toute l’Italie ». Pour une histoire de l’Ecole française de Rome, textes réunis par Michel Gras, Roma 2010.
Michel Gras, De Rome vers l’Europe. Lettre ouverte à Ricardo, in Homenaje a Ricardo Olmos, Madrid, 2014, pp. 633-637.
Michael Mattheus, Germania in Italia. L’incontro di storici nel contesto internazionale, Roma, 2015.