Autore
Lorenzo Paglione
Inaugurato un gruppo di lavoro di RRR su questi temi. Per segnalare interesse e adesioni scrivere a inforomaxroma@gmail.com
Il 15 giugno è stato presentato il libro di Carlo Saitto e Lionello Cosentino intitolato La sanità non è sempre salute, edito dal ‘Il pensiero scientifico’. L’incontro è stata un’occasione preziosa per riprendere, anche alla luce della pandemia (ancora in atto), una serie di ragionamenti complessivi nella relazione tra sviluppo urbano, servizi socio-sanitari e salute di popolazione. La domanda di fondo è molto semplice, ma decisamente densa di implicazioni, prospettive e conflitti: la sanità basta per garantire salute?
Il libro, che contiene una prefazione di Walter Tocci – in realtà un vero e proprio ulteriore capitolo –, con il linguaggio puntuale e tagliente dell’Epidemiologia Sociale delinea un quadro a tinte fosche sullo stato di salute della popolazione di Roma, ma fornisce anche una possibile chiave di lettura per una prospettiva di cambiamento. Ma l’incontro non è stato solo un’occasione per presentare il libro. È stata anche un’occasione per ricucire mondi storicamente vicini, ma che negli ultimi decenni, anche a causa di dinamiche esplorate in profondità nel testo (ipermedicalizzazione della sanità, sua declinazione nell’esclusiva erogazione di prestazioni, ma anche una spinta politica e culturale verso l’individualismo della società, spinta a volte assecondata, anche per convenienza, o più spesso per ignavia, dai principali attori del sistema), ovvero quello della Sanità Pubblica e dell’Urbanistica, dell’Epidemiologia e della Promozione della Salute.
Gli interventi che si sono susseguiti, diversi in base alle diverse formazioni e provenienze e anche alle competenze e ai ruoli di invitate/i, hanno infatti provato a seguire il filo tracciato dal testo, quello di impostare una pars destruens e poi una pars costruens. Prima sono state esposte sia le criticità, e ancor più la necessaria problematizzazione rispetto al complesso delle questioni della salute di popolazione; poi gli autori hanno provato a delineare delle possibili strategie, fortemente politiche prima ancora che tecniche, che fornissero una direzione di ricaduta nella pratica quotidiana degli operatori e delle operatrici impegnati e impegnate in prima linea, ma soprattutto delle istituzioni con il mandato sulla salute.
Si è discusso del ruolo che la società civile può giocare nelle dinamiche di salute, e delle difficoltà dell’istituzione sanitaria nel coinvolgerla e di come mettere le comunità strutturalmente al centro del percorso di programmazione in sanità; ma anche del ruolo che l’urbanistica e gli studi urbani possono ricoprire nel far emergere e nel definire i bisogni di salute. Alcune domande restano aperte: il decentramento, la prossimità, da soli, sono sufficienti ad invertire la rotta? Ed ancora, come possono essere coinvolte le professionalità oggi operanti nel SSN in questo processo, anche alla luce delle recenti introduzioni del cosiddetto DM 71 e del PNRR?
La chiave resta un cambio di paradigma del Servizio Sanitario, che trovi nel Distretto, la declinazione territoriale principale delle ASL (ma non l’unica n.d.r.), il perno per una trasformazione radicale dell’azione: da una programmazione basata (e misurata) esclusivamente sui volumi, come se la salute di popolazione potesse essere misurata su quante prestazioni vengono erogate (come è stata pensata nel passato recente), ad una programmazione basata sui risultati concreti, i cosiddetti esiti di salute, e quindi sui bisogni di salute di popolazione: espressi, come nel caso delle malattie cronico-degenerative, o inespressi, come nel caso della prevenzione primaria, ovvero di quel tipo di intervento del SSN, negletto (come la pandemia ha dolorosamente dimostrato, specie in alcuni contesti nel nostro Paese), che permette alla popolazione di non ammalarsi.
Ma, come anticipato in apertura, la presentazione è stata anche un’occasione per avvicinare discipline e professionalità, con l’obiettivo della salute pubblica. La multidimensionalità delle disuguaglianze sociali in salute, non spiegabili da un singolo fattore ma articolate e graduate sulla base di tipologie di fragilità, esposizione e vulnerabilità differenti a seconda dei contesti territoriali, anche eterogenei come nel caso di Roma, e l’enorme complessità che questa Città ci pone davanti, richiedono uno sforzo collettivo, che non può esaurirsi nella programmazione sanitaria. Forse anche per questo la proposta più immediata, quella di attivare all’interno di Roma Ricerca Roma un gruppo di lavoro specifico su Salute e Città, come luogo di incontro e confronto tra le esperienze di studio, intervento e progettazione nell’ambito del rapporto tra sviluppo urbano e salute di popolazione, è stata accolta con grande favore dai molti partecipanti.
Vedi anche: https://www.ricercaroma.it/equita-e-salute-roma/