Autore
Jolanda Bufalini
Periferi@, a cura di Giorgio De Finis e Claudia Pecoraro, Castelvecchi, Roma, pp. 595
Il volume sarà presentato al Palexpo il 15 dicembre alle 17 – ingresso libero
Un caleidoscopio di materiali raccolti da RIF Museo delle periferie e IPER Festival delle periferie intorno al tema della città ai margini. Il Museo, ideato e diretto da Giorgio De Finis è un progetto di Roma Capitale, parte del polo del Contemporaneo sotto l’egida dell’Azienda speciale Palaexpo. Nato nel 2020, il museo opera in maniera diffusa nel territorio in attesa che venga realizzata la sede definitiva nella corte nord del comparto R5 di via dell’Archeologia con i fondi PNRR del piano integrato di Tor Bella Monaca, su progetto di Orazio Carpenzano e del team di progettazione della Sapienza di Roma coordinato da Eliana Cangelli. I contenuti del libro sono consultabili nella forma integrale sulla piattaforma di IPER Festival delle periferie. Sebbene non si tratti di un testo unitario, i contributi, i brevi saggi e le conversazioni hanno grande forza suggestiva nel sollecitare ricerca e azione in diversi ambiti. Molti i contributi di associazioni, singoli e istituzioni. Fra gli altri lo stesso editore Castelvecchi ha curato per IPER il ciclo di incontri con esperti provenienti da tutto il mondo. Nella ricchezza e varietà dei contributi ci pare si possano individuare alcuni percorsi tematici e alcune idee ricorrenti. Nell’impossibilità di ripercorrere tutto, se ne propongono alcuni con l’avvertenza che naturalmente i temi si intrecciano fra loro. Il primo è quello delle gabbie disciplinari e accademiche che stanno strette quando si tratta di affrontare la complessità dell’abitare, del vivere ai margini, della trasformazione che investe insieme la vita quotidiana, privata e la cittadinanza. Così, ad esempio, nell’incontro con Anne Lacaton e Jean-Philipppe Vassal a cura di Francesco Careri e Fabrizio Finucci, con interventi di Chiara Tonellim Maddalena Scimeni, Fabrizio Gallanti, Eliana Cangelli. Vassal: “Per noi la periferia, e più in generale l’idea di città, è intimamente collegata allo spazio urbano, alla relazione tra gli edifici, a cosa sono la natura e il paesaggio. Ci piacerebbe lavorare in questo modo ma purtroppo è difficile farlo a causa delle limitazioni professionali che ci sono tra l’urbanistica e l’architettura” (p.47). E “Altro che Terza missione. Periferie e cambiamento”. Di Carlo Cellammare, Adriana Goni, Pqolo Grassi, Stefano Pontiggia e Giuseppe Scandurra (Tracce urbane). Cellammare: “Bisogna sottolineare la differenza tra le discipline e le competenze, perché le discipline sono le categorie nelle quali siamo incasellati nel mondo accademico; le competenze sono le cose che si sanno fare. Da questo punto di vista, le discipline sono un problema, non la differenza fra le competenze, differenza che è inevitabile che esista ed è proficuo coltivare le specificità”. (p.138). Un secondo percorso chiama in causa la relazione della città, della periferia, della marginalità e dell’immigrazione, del razzismo con la crisi della democrazia. Mario Reale e Lea Ypi, “Centro e periferia nella politica della prima modernità. Rousseau e Kant” su un piano storico-filosofico: “La modernità ha in realtà bisogno, in senso largo, con tutta la durezza di un nuovo inizio, sia di grande Stato che dei mercati della nuova economia fondata sul lavoro, del Leviatano e di Locke; ma di necessità è al pubblico, agli interessi generali e alla politica, alla prevalenza del pubblico sul privato che, secondo Machiavelli e Hobbes, Rousseau e Kant, bisogna riservare l’ultima parola guida” (p.99). Elena Bachiddu in videoconferenza con Arjm Apparadui, Thomas Hylland Ericsen, Pietro Clemente, Barbara Pizzo. “Per chi lavora su questi territori è da lungo tempo evidente che è lì che si misurano l’epi-centro dei fallimenti delle politiche locali e più in generale i riflessi della crisi della democrazia”. Antonio Martone, “Periferie globali tra ECity e NoCity”. Conversazione di Giorgio de Finis con Suketu Mehta: “I populisti di tutto il mondo fanno la stessa cosa: Bolsonaro, Modi, Trump, tutti raccontano una storia. Una storia falsa. Per combatterli è necessario raccontare una storia “vera” e raccontarla meglio di come fanno loro. E questo è il punto in cui interveniamo noi: gli scrittori, i giornalisti”. Conversazione tra Daniel Innerarity e Nadia Urbinati: “Nel mondo attuale la questione politica fondamentale è come pensare l’unificazione derivante dal fatto che condividiamo un destino comune e, allo stesso tempo, come fare in modo che il pluralismo politico sia rispettato. La questione etico-politica centrale sarebbe pensare che siamo in un mondo nel quale non esiste propriamente periferia, ovvero un luogo dove spostare i problemi non risolti nel centro”. Un terzo percorso è culturale e si perde negli infiniti sentieri del patrimonio, teatro, scrittura, immagine. Arte, poesia. Musica, naturalmente, e fotografia. Tommaso Montanari, Maria Pia Guermandi in dialogo con Andrea Ranieri, “L’anima periferica del patrimonio culturale”. (pp.177-182). Francesco De Filippo, “La periferia culturale”. “Vero, le periferie sono fuori dal mainstream, tuttavia spesso proprio questi territori di frontiera apparentemente marginali sono cantieri di sperimentazione culturale, politica, sociale… Non è insomma l’urbanistica a impensierire gli intellettuali, quanto piuttosto le periferie culturali, quella deriva che fa storcere il naso a chi ha perso anni a studiare sui libri e che oggi è disorientato se non sopraffatto da una informazione totale ma fluida… Personalmente appartengo alla categoria di coloro ai quali il naso gli si è storto e con una lievissima punta di supponenza sono turbato dal timore che questa cultura periferica inghiotta il pensiero, le energie creative triturando qualunque stimolo per restituire un bolo omologato e privo di sostanze nutritive…”. (pp.183-184). “Umane costellazioni”, conversazione con Fabio Cirifino e Laura Marcolini – Studio Azzurro, a cura di Claudia Pecoraro. Nel 1984, nell’ospedale di Volterra “abbiamo scoperto un’opera straordinaria e grandiosa, fatta da un internato, Oreste Fernando Nannetti che, lungo tutto il perimetro del padiglione – un muro di 180 metri per 4 – ha inciso con la fibbia del panciotto una sorta di diario”. Ne è nato il film L’osservatorio nucleare del signor Nanof… C.P.: “Avete avuto il merito di preservare in qualche modo questo gesto artistico spontaneo, di una persona che certo non si professava artista …” F.C.: “continuando con le casualità fortuite, quando abbiamo iniziato a lavorare al museo che sarebbe stato poi ospitato da un padiglione del Santa Maria della Pietà, abbiamo scoperto che Nannetti, prima di andare a Volterra, era stato internato proprio lì. Nell’archivio sono conservate le sue cartelle cliniche. È stata una sorpresa forte, una sorta di agnizione che ha molto influito sulla struttura del progetto, che ha preso forma proprio intorno al concetto di muro”. (p.212). Il discorso sarebbe ancora lungo, ma ci fermiamo qua, non senza segnalare i contributi delle Fondazioni Charlemagne e Paolo Bulgari e, infine un altro percorso tematico: quello ecologico. “La periferia verde salverà la città” a cura di Ylenia Sina e Andrea Spinelli Barrile – Slow News.