Ripensare piazzale Ostiense: tra Piramide Cestia e Nathan, un’occasione per le romane e i romani
da Roma Ricerca Roma | Apr 25, 2025 | Accessibilità e spazio pubblico, Approfondimenti, Costituente, I quartieri centrali, Iniziative, La città dei rioni, Mobilità, Patrimonio, Quartieri |
A cura di Ella Baffoni, Maria Teresa Carbone, Andrea Declich e Luca Reale

Per chi non ha potuto assistere in presenza all’incontro organizzato da Roma Ricerca Roma La bellezza invisibile. Piazzale Ostiense fra Piramide Cestia e Nathan, che si è tenuto giovedì 27 febbraio presso la Facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre, proponiamo qui di seguito la trascrizione di tutti gli interventi, sottoposta solo a una leggera revisione per consentire una migliore leggibilità.
Sull’incontro, dedicato ai problemi e alle opportunità di questo luogo straordinario – uno dei nodi più importanti della mobilità pubblica romana e al tempo stesso uno spazio densissimo di storia e di memoria – seguiranno poi, sempre nel sito dell’associazione, articoli e commenti a partire dai molti temi toccati: in particolare, la necessità di una riflessione strategica che valorizzi al meglio le potenzialità di piazzale Ostiense e, d’altro canto, l’utilità di interventi più immediatamente realizzabili, come l’archeotram o il parco lineare delle Mura, che avranno un impatto importante se si inseriranno in una visione progettuale non schiacciata sul presente.
Il dibattito è stato presieduto da Luca Reale, di Roma Ricerca Roma. Sono intervenuti Fabio Martellino, dell’assessorato all’urbanistica di Roma Capitale che ha esposto il punto di vista dell’Amministrazione comunale; si è parlato di San Saba, uno dei quartieri attorno al piazzale Ostiense, con gli interventi di Francesca Romana Stabile, docente di Roma Tre, che ha parlato della storia architettonica e urbanistica del quartiere, e Fabrizio Fantera, della Rete Comune Inquilini Ater, che ha parlato della storia politica e della memoria di San Saba; Rosario Pavia e Giovanni Caudo, urbanisti, hanno parlato del Parco delle Mura, il primo presentando il punto di vista dell’associazione “Comitato Mura Latine”, il secondo presentando le attività in corso da parte dell’amministrazione comunale; Eliana Cangelli, docente della Sapienza, ha parlato della futura risistemazione della viabilità del piazzale e dell’allargamento delle aree pedonali; Edoardo Zanchini, direttore dell’Ufficio Clima di Roma Capitale, ha esposto le politiche di adattamento al cambiamento climatico rilevanti nel contesto di una risistemazione del piazzale, mentre Walter Tocci, consulente per il Sindaco del progetto CArME, ha parlato del progetto dell’Archeotram.
Quello che, come Roma Ricerca Roma ci preme, è che a questo primo momento di dibattito ne seguano altri e che le soluzioni adottate siano frutto di un vero dialogo con tutti gli attori coinvolti, a partire dai residenti dei quartieri attorno al piazzale Ostiense e in generale dai cittadini di Roma.
LUCA REALE (Roma Ricerca Roma)
È con molto piacere che inizio questo incontro su piazzale Ostiense, innanzitutto ringraziando la facoltà di architettura di Roma Tre, e in particolare Francesca Romana Stabile, e poi Roma Ricerca Roma, l’associazione promotrice di questo incontro, e fra tutti, le persone con cui lo abbiamo pensato: Andrea Declich, Antonia Tomassini, Paolo Arsena, Alessandro Specchia.
A questo proposito, prima di dare la parola ai relatori vorrei dire due parole su Roma Ricerca Roma, un’associazione che raccoglie, nel contesto romano, ricercatori e studiosi, non solo universitari ma anche indipendenti, e attivisti legati a varie associazioni del territorio romano. Da circa cinque anni ci confrontiamo da punti di vista disciplinari differenti sul futuro possibile di questa città e siamo organizzati in gruppi di lavoro che hanno prodotto discussioni e dossier, disponibili sul nostro sito web. L’incontro di oggi nasce dal gruppo Mobilità, ed è il secondo di una serie di dialoghi costituenti. Perché “costituenti”? Perché siamo convinti che Roma dovrebbe cominciare a pensare al post PNRR, al post Giubileo, in termini di investimenti, e soprattutto in termini progettuali. Noi ricercatori vogliamo tenere d’occhio questi processi, provando anche in parte a determinarli, e cercando di proporre una visione di Roma non schiacciata sul presente o sull’immediato futuro.
Oggi vogliamo avviare una riflessione progettuale sul piazzale Ostiense e sul suo contesto urbano: un luogo straordinario, in uno stato di straordinario abbandono – un luogo ricco di testimonianze artistiche, architettoniche, urbane e al tempo stesso inefficiente come nodo della mobilità. Spesso osserviamo che i trasporti su ferro di Roma sono una rete senza nodi e questo ne è il tipico esempio. Ostiense è il più potente nodo del ferro e al tempo stesso il più malfunzionante, il più illogico. Il problema non è solo il traffico automobilistico sul piazzale, ma la mancanza di riflessione su tutto questo quadrante, che non si è mai evoluto, e anzi si è via via congestionato. Oggi Ostiense ci pare un nodo dell’intermodalità (ci sono treni regionali e nazionali, metropolitane, tram, piste ciclabili) che andrebbe valorizzato, oltre che per la mobilità, per lo spazio pubblico e i valori architettonici. Proprio la complessità del nodo, dunque, porta con sé grandi opportunità. Per questo nell’incontro di oggi parleremo anche di Archeotram e Parco lineare delle Mura, due azioni che si possono mettere in atto in tempi abbastanza brevi.
Proviamo dunque ad allargare un po’ lo sguardo. Il Piano Regolatore vigente individuava tre ambiti strategici di programmazione fondamentali: le Mura, l’anello ferroviario e il Tevere. A 22 anni dall’adozione del Piano, troppo poco è stato fatto su questi ambiti di programmazione, che avrebbero dovuto essere progettati unitariamente e che invece sono stati dimenticati dalle trasformazioni della città e soprattutto dalla programmazione strategica.
Cosa è oggi Ostiense? Qui ci sono le Mura, l’anello ferroviario, il Tevere. Qui c’è anche un tema forte di ciclabilità, il percorso ciclabile da nord a sud. Ecco, riguardo agli ambiti strategici è vero che il Piano Regolatore chiama quegli elaborati “indicativi” e non “prescrittivi”, ma queste indicazioni prima o poi bisognerà accoglierle, o comunque cominciare a ragionarci in termini progettuali, come per “la città dei 15 minuti”, che fa riferimento all’Assessorato all’Urbanistica, ma che, se non si fonda sulla centralità dei nodi del ferro, rischia di rimanere uno slogan.
Oggi la mobilità andrebbe ripensata completamente. È ciò che auspichiamo come Roma Ricerca Roma: da tempo diciamo che gli assessorati alla mobilità, ai trasporti, all’urbanistica dovrebbero pianificare la città all’unisono. Quindi proviamo a partire da qui, da un luogo circoscritto, per considerarlo nella sua complessità, nella sua potenzialità urbana e territoriale, anche se a questo tavolo manca oggi un soggetto importante, RFI, che fatica a dialogare con l’amministrazione.
Un altro tema importante è la ricucitura con Ostiense e Garbatella, i quartieri al di là della ferrovia, attualmente un elemento eccessivamente separante. L’Assessorato all’Urbanistica sta lavorando sulle aree dell’anello ferroviario, ce ne parlerà l’architetto Martellino, e su queste aree lavora anche il professor Balbo. Ma intanto resta vigente il Piano di Assetto Ostiense del 2008, che ci pare del tutto insufficiente a rilanciare questo quadrante, a rendere piazzale Ostiense non un luogo che divide i quartieri ma che li connette, affrontando il ripensamento di tutta la fascia, dall’Air Terminal fino alla Colombo, dove si doveva fare il Campidoglio 2. Che si fa di quell’area e delle previste cubature?
Si potrebbero immaginare alcune densificazioni, nell’area di sedime della metro B che è oggi di 9 metri sotto il livello urbano, ma anche della stessa ferrovia, volumetrie che infatti il Piano di Assetto prevede. L’idea di “tombare” la stazione metro potrebbe ricucire la frattura tra quartieri, anche immaginando di inserire quantità di l’Edilizia Residenziale Pubblica o Social Housing.
Infine, da piazzale Ostiense passa il rapporto di Roma con il mare, la relazione tra Roma, Ostia e Fiumicino. La metafora del territorio di Roma in forma di cometa, pensata negli anni ’30 da Gustavo Giovannoni, proiettava la città verso il mare di Ostia. E questa previsione in effetti si è avverata, ma con una prevalenza, a partire dal secondo dopoguerra, di operazioni spontanee e fuori dalla pianificazione, che costituiscono oggi quasi un tessuto urbano continuo tra Roma e Ostia.
La trasformazione della Roma Lido in metropolitana ci sembra in questo senso improcrastinabile (Metromare per Ostia è la risposta “minimale” del PUMS). Oggi la Roma-lido è tra le linee ferroviarie più scadenti d’Italia, ha vinto a più riprese il premio Caronte di Legambiente. Metrovia, un’associazione che collabora costantemente con Roma Ricerca Roma, ha presentato a luglio 2024 una proposta alternativa molto interessante: la linea M 9 per Ostia, e la linea M 4 per Fiumicino, pensate per rendere il servizio efficiente, scaricando il traffico sulla Colombo e sulla via del Mare, e servendo così i quartieri che sono intanto sorti lungo il percorso. Una tratta efficace che potrebbe portare rapidamente dall’aeroporto a Ostiense e all’Eur. Ostiense diventerebbe così la porta dei flussi turistici, sostituendo i bus turistici non solo dalla ZTL ma in futuro da tutto l’interno dell’anello ferroviario. E per chiudere, c’è il tema dell’ambiente e dell’adattamento al climate change, che dovrebbe essere un punto di partenza per il ripensamento del piazzale, come ci chiarirà Edoardo Zanchini.
Chiamerei dunque a parlare Fabio Martellino, dello staff dell’assessore Veloccia.
FABIO MARTELLINO (Assessorato Urbanistica e Città dei 15 minuti di Roma Capitale)
Ringrazio Roma Ricerca Roma per l’opportunità di discutere su un tema così importante su cui stiamo già lavorando e ringrazio la Facoltà di Architettura dove sono stato studente. Sono cresciuto a Ostia, conosco bene i problemi della metro mare, di come sia deperita nel tempo. Ostiense è sicuramente un nodo urbano particolarmente denso e interessante, ritengo sia uno dei luoghi urbani di Roma più intensi, qui si concentrano preziosi elementi del patrimonio storico culturale – Porta San Paolo, la Piramide, parco delle Mura – siamo prossimi al Tevere ed all’innesto con il quartiere di Testaccio. Ma allo stesso tempo è uno dei nodi di scambio urbano e metropolitano più rilevanti, con la metro mare, la metro B, le Ferrovie di Stato ed i treni regionali, il tram, il trasporto pubblico locale su gomma. Dunque ricco di elementi eterogenei, intenso come detto, ma probabilmente, per assurdo, è anche il luogo più “slegato” di questa città, affastellato di cose diverse, tutte intersecate con l’uso quotidiano della città, con i suoi abitanti, ma che in effetti ha difficoltà a mettere a sistema queste enormi potenzialità – rimangono spesso spazi muti, privi di capacità relazionale, come il collegamento fra la stazione dei treni e la metropolitana, che è impervio, quasi ostile. Sul piazzale Ostiense è difficile per un pedone trovare una dimensione confortevole e sicura per attraversare ed arrivare alle fermate, ha sempre l’impressione di dover “scampare” a qualcosa, corre via cercando “salvezza” verso l’interno di un complesso di strutture anch’esse disarticolate, non integrate fra loro, e delle quali è difficile avere una percezione d’insieme. È un luogo che attrae e smista tantissime persone, genera altre attività aggiuntive a quelle meramente di stazione ed esterne ad essa, che tuttavia si sviluppano in modo informale per non dire improprio.
Ma siamo al centro della città, è adiacente – ma non integrato – ad un tessuto urbano vivo e vissuto da cittadini, studenti e turisti, alle porte del CarMe. Questi spazi urbani hanno un potenziale enorme, penso a piazzale dei Partigiani che potrebbe essere un luogo ottimo per fare attività di ogni tipo, oltre all’intermodalità, potrebbe ospitare eventi ed attività utili. L’intero complesso di fermate e stazioni potrebbe, dovrebbe, ospitare maggiori funzioni e intensificare gli usi, diventare meta e non solo punto di transizione nel cuore di Roma.
Stiamo lavorando, cercando di fare un ragionamento più ampio e sistematico, sui nodi di scambio. Linee portanti come quelle del ferro (nodo ferroviario, metro e tram) sono porte di accessibilità alla città. Sono i principali luoghi urbani dove poter densificare diverse attività. Potrebbero ospitare attrezzature che creino il modello diffuso di città dei 15 minuti. In questo ambito c’è già uno strumento attuativo il Piano di Assetto Ostiense del 2000, che nasce dal Piano di Assetto Generale (PAG), e che merita un aggiornamento. Il comparto C 9, uno “scarabeo” che racchiude i binari della metro mare e della Metro B, ha già una sua edificabilità, 10.000 metri quadrati. Le funzioni devono arricchire il luogo in sé, ma in relazione alla vita quotidiana del quartiere. Bisogna dare espressione alle potenzialità mettendole a a sistema con il CArME e l’Archeotram ma anche con il sistema delle Mura a Testaccio fino a Tevere. Uno degli obiettivi del nostro lavoro è aggiornare il piano d’assetto, e in particolare il C 9, che dovrà interagire con tutto quello che c’è intorno. Fondamentale è la riorganizzazione degli spazi pubblici del piazzale per creare relazioni fra le parti, costruire un’identità chiara del luogo, conquistare maggior spazio per realizzare nuove attività legate al lavoro, all’intrattenimento, all’ospitalità, anche realizzando un suolo artificiale per quanto possibile, una piastra sui binari su cui edificare, riorganizzare i margini dello scarabeo per una maggiore osmosi con il quartiere e per integrare attrezzature e servizi.
FRANCESCA ROMANA STABILE (Università Roma Tre)
Un passo indietro, una breve retrospettiva sui caratteri e le identità di questo ambito urbano, cerniera tra diversi quadranti della zona a sud di Roma. Il simbolo di questo luogo è la piramide di Caio Cestio che non ha caso è stata interpretata come immagine iconica della Roma Antica anche da Le Corbusier (fig. 1).
Fig. 1

Fino a Roma capitale la piramide di Caio Cestio con Porta San Paolo e le Mura Aureliane erano le uniche emergenze di una zona sostanzialmente suburbana. Con la destinazione di Testaccio a quartiere industriale della città (novembre 1870) e la successiva realizzazione del Mattatoio (1888-1891), la zona è diventata il polo urbano dello sviluppo commerciale e industriale dell’area Ostiense, avviato agli inizi del Novecento. In relazione a tale sviluppo si inquadra la conformazione di piazzale Ostiense dove negli anni Venti viene costruita la stazione della linea ferroviaria Roma-Ostia Lido, progettata da Marcello Piacentini. Com’è noto, negli anni Trenta la zona è caratterizzata da altre significative emergenze come il Palazzo delle Poste di Adalberto Libera e Mario De Renzi, su via Marmorata, e la costruzione della Stazione Ostiense. Ma è significativo ricordare anche il Parco della Resistenza, progettato da Raffaele De Vico, che si inseriva in un più ampio sistema del verde che comprendeva il Monte Testaccio e l’attuale Cimitero di Guerra (a ridosso dello straordinario Cimitero Acattolico). Con i bombardamenti del marzo 1944 e i crolli delle Mura Aureliane, nel tratto in corrispondenza dell’attuale via Raffaele Persichetti, Porta San Paolo viene isolata e diventa un semplice spartitraffico.
La Pianta di Roma del 1949 mette in evidenza questo aspetto ma anche la centralità di un nodo di attraversamento della città che costituisce il cardine di diversi ambiti urbani: Testaccio, San Saba, l’Aventino e l’Ostiense (fig. 2).
Fig. 2

Tali zone, sono parte integrante di un quadrante urbano caratterizzato da diverse specificità che comprendo sia significativi interventi residenziali (San Saba e Aventino) che realtà più complesse come quella di Testaccio e dell’Ostiense che negli ultimi trenta anni sono state oggetto di una progressiva riconversione e rigenerazione urbana in funzione culturale, commerciale e turistica oltre che residenziale.
La storia di questo luogo rappresenta, così, la testimonianza dello sviluppo e della trasformazione di una zona di Roma segnata anche da importanti passaggi della politica del paese come la Battaglia di Porta San Paolo, all’indomani dell’8 settembre del 1944, o le manifestazioni del luglio del 1960 che sono entrate nell’immaginario collettivo per le cariche a cavallo della Polizia (fig. 3).
Fig. 3

Questi riferimenti sono importanti per ricordare come il racconto dei luoghi debba passare per diversi sguardi e progressivi approfondimenti al fine di riconoscere le tante potenzialità necessarie ad attivare una progettualità colta e consapevole.
ROSARIO PAVIA (Comitato Mura Latine)
Il Comitato Mura Latine è nato dieci anni fa per gestire il parco delle Mura Latine, che si sviluppa tra porta Metronia e porta Latina, ma l’associazione è molto attiva nella promozione culturale delle mura nel loro complesso. Nel 1974 l’installazione artistica di Christo, che avvolse Porta Pinciana con dei teli, denunciava l’occultamento delle mura aureliane nelle politiche culturali e urbane della città. E’ un episodio importante che vogliamo ricordare cinquant’anni dopo, proprio a Porta Pinciana. Il Comitato Mura Latine da tre anni, con la rassegna il Cinema sotto le Mura sta cercando di riportare l’attenzione sul valore culturale di questo patrimonio che in fondo resta ancora misconosciuto ed emarginato.
Nessun piano regolatore a Roma si è occupato delle mura, nonostante il loro valore culturale e la potenza strutturante del loro recinto. Solo il piano regolatore approvato nel 2008 ha individuato nelle mura un ambito di programmazione strategica. Le mura sono una grande infrastruttura narrativa, vanno viste come un parco e uno spazio pubblico continuo., con una serie di parchi di quartiere connessi da un sistema di percorsi pedonali e ciclabili. Alcune aree come i parchi lungo via Carlo Felice e viale Metronio funzionano già ora benissimo. Ci sono attualmente molti finanziamenti per le mura, circa 23 milioni, ma sono finalizzati solo a opere di ristrutturazione di consolidamento. Invece, il progetto strategico proponeva la realizzazione di un parco lineare, un grande spazio pubblico continuo per consentire la fruizione delle Mura, un unicum in Europa. Da Vienna a Parigi, a Milano le mura sono state abbattute per lo sviluppo della città moderna. A Roma noi le abbiamo conservate, potremmo oggi riqualificarle e farne un nuovo grande progetto di modernità. Si è parlato di un masterplan lungo le Mura, ma non se ne sa molto. Alcuni spazi possono essere recuperati subito: il tratto tra Porta San Sebastiano e San Paolo, il viale Castrense che di fatto è già pedonale. Le mura è un’infrastruttura narrativa della città: attraversa quartieri, grandi parchi come quello dell’Appia Antica e di villa Sciarra. Lungo le Mura ci sono centinaia episodi di architettura moderna, dalle Poste di Adalberto Libera a Porta San Paolo, al complesso dello Studio Passarelli a via Campania, all’ascensore che connetteva il Pincio col Muro Torto.
Ma torniamo all’Ostiense. Qui le Mura arrivano sul Tevere. E ‘un’intersezione importante su cui non c’è attenzione. A Lungotevere Testaccio le mura sono abbandonate, versano in condizioni di grande degrado, servono come area logistica per la raccolta dell’immondizia. Dietro c’è il campo Boario, c’è il mattatoio, siamo nel cuore dell’archeologia industriale con il Gazometro, gli ex magazzini generali, il ponte di ferro, il ponte della ferrovia.
Il Porto Fluviale, è un altro elemento importante del tutto trascurato, qui cogliamo ancora il rapporto tra il Tevere e il mare. Il collegamento tra l’archeologia industriale di questo quartiere e l’archeologia classica di Ostia antica è un tema su cui intervenire immediatamente, occorrono solo opere strategiche a basso costo. Cosa manca per portare al Porto Fluviale i battelli turistici che già ora collegano Ponte Marconi con Ostia Antica? Solo il dragaggio di almeno un chilometro.
Roma capitale aveva una ragione di essere, non solo perché era a metà strada tra il nord e il sud, ma forse perché era al centro del Mediterraneo. Questo progetto per Roma va ripreso, non con una retorica passatista, ma con un’idea di città che guarda al futuro.
GIOVANNI CAUDO (Capogruppo Roma Futura, Presidente CSPNRR)
Il metodo di lavoro di Roma Ricerca Roma mi sembra un accompagnamento importante di quel che fa l’amministrazione comunale, d’altronde in tutte le grandi città ci sono think tank, luoghi in cui si ragiona al di là della contingenza. Ora Roma Ricerca Roma ha scelto di dialogare sull’area Ostiense, la sede che ci ospita è quella del Dipartimento di Architettura che è qui da quasi vent’anni – un esempio di riuso che dovrebbe essere d’esempio sul come fare meglio con quello che c’è.
Nel ‘900 i conservatori erano quelli che si opponevano al progresso, e i progressisti rincorrevano il ventunesimo secolo volendo cambiare tutto. Il mondo si è ribaltato, nel senso che chi era progressista nel ‘900 oggi è accusato di essere conservatore. Assumiamo questo ribaltamento anche in senso politico. La storia e il destino di questo luogo è cambiata: qui non si ammazzano più gli animali, il sangue non scorre. Fuori c’è scritto “Tripperia” ma dentro ci sono gli studenti. Non è solo un cambiamento d’uso di questi spazi: è un’operazione concettuale che stabilisce un nuovo rapporto con quello che è già costruito. Un’operazione tutt’altro che semplice ed è anche per questo che in questa città, a Roma, non siamo ancora stati capaci di affrontarla fino in fondo. Chi lavora nel cercare un dialogo con quello che c’è è considerato un conservatore che rifiuta il confronto con il nuovo. Chi invece mostra un atteggiamento più disinvolto con l’esistente, chi tende a banalizzare o comunque a semplificare il rapporto con quello che c’è, è considerato un progressista.
Roma è un laboratorio unico in Europa: è il posto in cui si può inventare il nuovo e immaginarlo dentro la storia. Se guardate sulle pareti di questa stanza c’è del marmo. Perché? Perché quando era un mattatotio bisognava pulire il sangue dai muri, e con l’intonaco sarebbe stato impossibile. Oggi il sangue non scorre più, ci sono gli studenti. Chi ha scelto di mettere quel marmo ha cercato di rispettare uno spirito del luogo, ricordando una storia antica dentro una storia nuova.
Torniamo a piazzale Ostiense. Vorrei dare un piccolissimo contributo sul versante RFI e sulle aree edificabili nelle aree delle stazioni ferroviarie: si tratta di cubature concesse a suo tempo a RFI grazie a un accordo per cui le ferrovie avrebbero dovuto investire per migliorare l’offerta di trasporto pubblico regionale. Successivamente la compteenza e gestione di quell’accordo è passato alla Regione Lazio e si è venuta a configurare una strana situazione: il Comune ha concesso la cubatura ma ora non ha più alcun ruolo nel controllare il livello di servizio offerto da RFI, che però ha ricevuto la cubatura in virtù degli impegni presi sul miglioramento del livello di servizio.
Bisognerebbe quindi intanto verificare se esistono ancora le ragioni per cui quella cubatura fu concessa. Dalla stazione Ostiense partono 6 treni per Ventimiglia, 4 per Sestri Levante, 14 per Pisa Centrale, 4 per Napoli, 6 per Salerno e 3 per Reggio Calabria. In tutto 44 treni nelle due direzioni, cioè un treno ogni mezz’ora. Quale città europea ha una stazione localizzata a pochi metri dal suo centro storico che offre un livello di servizio di un solo treno ogni mezz’ora? Invece a Ostiense il Leonardo Express che va a Fiumicino non ferma (ma il regionale che collega Fiumicino a Tiburtina e oltre, sì, ndr). Il piano di assetto della stazione è rimasto inattuato, sono state realizzate le case ma altri interventi previsti a servizio della città, come il ponte pedonale che portava al Bastione Sangallo no, non è stato realizzato, come anche il Campidoglio 2.
Quando si parla di Roma, sono convinto che si debbano osservare i dettagli. Se si vuol capire cosa non funziona al Colosseo bisogna osservare com’è fatta via degli Annibaldi. Se si vuol capire cosa non funziona a Ostiense bisogna guardare via Raffaele Persichetti. Lì passano ancora le macchine, ma quella strada separa la Piramide dalle Mura. Quando la Piramide Cestia fu restaurata, nel 2015 presentammo il progetto di pedonalizzazione di quella strada. Sono passati dieci anni e tutto è rimasto come prima. Un segnale del fatto che, mentre si parla delle grandi strategie, non si fanno piccole azioni ma dall’impatto forte.
Nel PNRR il titolo dell’investimento che riguarda le Mura Aureliane si chiama Parco lineare delle Mura ed è parte del programma Caput Mundi. Quando ho visionato il progetto ho verificato che l’investimento riguardava solo il consolidamento del monumento, non c’era nulla del Parco. Era questo il progetto incluso in Caput Mundi, che ricordo, era l’unica parte del PNRR di Roma già contenuta nel Piano messo a punto dal governo nazionale nel 2021 e finanziato direttamente col PNRR con 500 milioni di euro. Nel PNRR approvato dal governo nazionale c’erano due progetti che riguardavano Roma: uno era Caput mundi, l’altro era Cinecittà, 300 milioni di euro, gestito dal Ministero dell’Economia e delle finanze tramite la società Cinecittà. Una scelta quanto meno singolare, il governo nazionale continua a pensare a Roma come ancora quella della “Dolce Vita” degli anni Cinquanta: Archeologia e Cinema.
Tra gli interventi di Caput Mundi il Parco Lineare delle Mura, per un investimento di 23.160.000 euro, è suddiviso in quattro tratti: il tratto B di via Campania; il tratto H-G nella zona di Castro Pretorio; quello I-J di Porta Latina in parte fatto; infine, il tratto M da Piramide fino al Tevere. Come diceva prima Rosario Pavia, questi interventi sono in attuazione del Piano regolatore generale. I lavori sul monumento sono di competenza della Sovrintendenza capitolina, mentre il Parco lineare è di competenza del Dipartimento Ambiente.
Il primo tratto, 3 milioni e mezzo, è quello di via Campania e c’è un piccolissimo tratto, quello del Policlinico, vicino all’ambasciata britannica. Le schede del progetto prevedono interventi di restauro conservativo, alcuni fondamentali su laterizi, tirature e rinforzi – tutti interventi che mirano alla conservazione del monumento, ma non avranno effetti sul Parco lineare. In commissione abbiamo proposto ai Municipi e al Sindaco (che ha mantenuto la delega al PNRR) alcuni luoghi nei quali avviare la realizzazione del Parco destinando a questo scopo i fondi ordinari. Mentre si consolida il tratto di via Campania, si potrebbe pedonalizzare la parte della strada che sta davanti al Liceo Righi, creando una fascia di rispetto. Lo stesso può avvenire sul lato verso corso Italia e Porta Pinciana, e anche il tratto di Porta Pia, in questo caso sul lato del II Municipio e non sul lato interno.
L’intervento delle Mura prevede la messa in sicurezza e il camminamento anche da Porta Asinara, cioè da San Giovanni, fino a Santa Croce in Gerusalemme. La nostra proposta era di aggiungere viale Castrense per farlo diventare area pedonale. Qui c’è una scuola che ha in progetto di utilizzare l’area per attrezzature sportive. È un progetto forse troppo invasivo, ma il dialogo con il VII Municipio potrebbe apportare le modifiche al progetto per consentire la realizzazione dell’area pedonale che consentirebbe di avere la continuità dal parco di via Sannio con l’area di Santa Croce in Gerusalemme.
In assenza dei fondi ordinari di Roma Capitale la buona notizia è che l’VIII Municipio ha in fase di realizzazione la sistemazione del tratto di via del Campo Boario in collaborazione con la Sovrintendenza capitolina, e i lavori sono quasi ultimati, dalla Piramide Cestia all’imbocco del Mattatoio che così si avvicina alla metropolitana.
LUCA REALE (Roma Ricerca Roma)
Grazie, soprattutto per le buone notizie. Mi riallaccio a quanto diceva Caudo sulle cose piccole che si possono fare subito. È una cosa che piace molto a Roma Ricerca Roma: nell’introdurre questo incontro abbiamo parlato di grandi strategie a scala urbana e persino metropolitana, ma siamo d’accordissimo sull’iniziare da operazioni facilmente attuabili in tempi brevi, tant’è che abbiamo proposto di portare subito a meta Archeotram e parco lineare. Il parco lineare, che richiede un progetto organico aggiornato, è fattibile, e non particolarmente costoso. Sull’Archeotram si è già fatta una verifica di prova, e ora possiamo aggiungere, tra gli obiettivi a breve termine, anche la pedonalizzazione definitiva di via Raffaele Persichetti – uno dei caduti del 10 settembre 1943 – in modo da riunire Piramide e Porta; una terza cosa che si può fare in tempi brevissimi.
FABRIZIO FANTERA (Rete Comune Inquilini Ater San Saba)
Noi parleremo della storia di questi luoghi, che è la storia della trasformazione del primo ‘900, epoca Nathan. Di San Saba molti hanno una conoscenza sbagliata, immobiliarista: si parla, per esempio, della splendida villa di Roberto Benigni, l’ex villa di Sofia Loren, ma è una forzatura, San Saba è fatto di case economiche, popolari. Questa storia è iniziata da tempo, con Svendopoli o Affittopoli. Noi nel 2015 abbiamo iniziato una serie di iniziative per sostituire a questo racconto una narrazione che partisse dall’autenticità delle persone e dei luoghi. San Saba era un luogo pensato per dare casa alle famiglie operaie che dovevano lavorare in tutto il settore nuovo dell’Ostiense, come Testaccio e come Garbatella.
Il 25 aprile 2015 abbiamo iniziato a fare le “memorie di piazza”, cioè il nostro 25 aprile attraverso le memorie degli anziani, di quelli che hanno vissuto quelle giornate. La Resistenza di Porta San Paolo si svolge perlopiù a San Saba, perché San Saba è in salita e quindi lì avvengono i fatti più drammatici di quella giornata. È lì che i cittadini di San Saba tirano fuori il meglio, nascondono in casa i soldati che scappano. Abbiamo tanti racconti in un libro collettivo che abbiamo fatto due anni fa, scritto da tutti noi e che raccoglie tantissima storia orale – la storia di questo luogo e delle persone che lo hanno attraversato, le cose che ci sono accadute non soltanto dal tempo degli Antonini o di Caracalla. Perché San Saba è piccola, ma ci sta dentro la storia.
La settimana scorsa abbiamo incontrato Adriano Labbucci, assessore alla memoria del I Municipio, perché insieme a Testaccio stiamo cercando di realizzare un museo diffuso permanente della resistenza romana di Porta San Paolo, mappando la storia di questi luoghi, come viale Giotto con i segni dei proiettili tedeschi, i segni del bombardamento del 3 marzo del ‘44, o le pietre d’inciampo: ne abbiamo inaugurato una seconda quest’anno, con i parenti delle vittime che hanno raccontato le loro storie. E ci sono anche sei uccisi alle Fosse Ardeatine, metteremo pietre d’inciampo pure per loro.
Un altro elemento è il “civico giusto”, che nasce dalla storia di mio padre, scoperta dopo ben 65 anni: lui nascose in casa per tutta l’occupazione nazista una famiglia ebrea, i Moscati. “Perché l’hai fatto rischiando così tanto?”, gli abbiamo chiesto. “Perché era giusto farlo” ha risposto asciutto. E oggi a segnare il civico giusto è il numero in bronzo.
Porta San Paolo e piazzale Ostiense sono pieni di storia e di memoria che va raccontata, va trasformata in patrimonio del territorio e delle scuole. Ora stiamo lavorando a un nuovo progetto, le foto parlanti: abbiamo festeggiato il centenario dell’ultima pietra, noi siamo sempre un po’ originali. Ci sono persone che fanno e che hanno cose da dire, da raccontare o da rappresentare, ci sono le immagini dei nostri anziani. Queste foto parleranno perché ci saranno le loro storie sotto e alla faccia dell’Ater che non ci dà i locali per la nostra associazione, la mostra la faremo nei locali della Uisp.
La gentrificazione? Il rischio c’è. L’amministrazione regionale precedente ha una colpa enorme: prima ancora di consentire ai residenti che volessero acquistare le loro case ha iniziato la vendita all’asta senza alcun piano vendita. Inoltre, noi ci siamo battuti per chi non può o non vuole comprare e va salvaguardato. Così ora siamo in una situazione di discriminazione vergognosa: chi ha comprato all’asta ha potuto usare il bonus 110, con i soldi di tutti. Chi non ha potuto comprare, no. Bisogna che la politica si faccia qualche domanda. Noi ci siamo, e quando si parla di cubature, i politici e gli amministratori ragionino anche con gli abitanti e che fanno il territorio, come noi.
ELIANA CANGELLI (Sapienza Università di Roma)
Grazie agli amici di Roma Ricerca Roma per l’invito a partecipare e all’università Roma Tre per l’ospitalità.
Da tempo Sapienza e l’Università di Roma Tre sono impegnati nella redazione del Piano di Rigenerazione del Rione Testaccio, un lavoro ancora in corso, per il quale si sta avviando la fase di condivisione con i cittadini. L’obiettivo è mettere a sistema tutte le progettualità già attive sull’area del rione – e sono molte, comprese quelle legate al PNRR, come ha mostrato Giovanni Caudo, e individuarne altre strategiche e necessarie. Ritengo che l’attuale amministrazione stia facendo molto. Tuttavia, se c’è un ambito in cui può migliorare, è proprio il coordinamento tra i vari progetti presenti sul territorio. Il Piano di Rigenerazione del Rione costituisce un impegno in questa direzione.
Tra i progetti sviluppati nell’ambito del Piano di Rigenerazione c’è anche Piazzale Ostiense.
Il nodo di piazzale Ostiense è assolutamente strategico: su di esso insistono tre rioni – Aventino, San Saba, Testaccio – e il quartiere Ostiense.
Attorno a Porta San Paolo convergono ben otto strade: via Marmorata, via Ostiense, viale della Piramide Cestia, via Marco Polo, via di Porta Ardeatina, via delle Cave Ardeatine, via del Campo Boario. Si tratta di un nodo infrastrutturale di primaria importanza, uno dei principali snodi del trasporto pubblico: vi si trovano la stazione di testa della Roma-Lido, la fermata della metropolitana Piramide, alcuni capolinea Atac e, poco più in là, la stazione Ostiense, servita da RFI. Non manca neppure uno stallo taxi, né la “racchetta” per l’inversione del tram. Se osserviamo la planimetria, emerge chiaramente lo squilibrio tra la quantità di superficie dedicata alla mobilità carrabile e quella riservata allo spazio pubblico.

Sempre a Porta San Paolo arriva anche il tratto del Parco delle Mura che corre lungo viale di Porta Ardeatina, visibile da Porta San Paolo. Da Piramide parte poi l’altro segmento del Parco delle Mura, lungo via del Campo Boario. Si tratta quindi di una zona ad altissima densità storico-monumentale.
L’accesso alla stazione della metropolitana è problematico: poco più di un marciapiede di 1,50 metri di profondità. Manca uno spazio pubblico adeguato per accedere sia alla metro sia alla Roma-Lido. Abbiamo elaborato alcune ipotesi progettuali, partendo dalla pedonalizzazione di via Persichetti, con l’obiettivo di mettere in relazione la Piramide, Porta San Paolo, il Cimitero Acattolico e la fascia verde che si estende lungo le Mura, includendo anche il Parco della Resistenza, i vecchi Prati del Popolo e il Monte Testaccio. Oggi via Persichetti riduce Porta San Paolo a una semplice rotatoria: se riuscissimo a pedonalizzarla, potremmo creare un unico grande spazio pubblico tra la Piramide e Porta San Paolo, aprendo anche la possibilità di realizzare un nuovo accesso alla stazione Piramide.
Naturalmente, la chiusura di via Persichetti non è un’operazione semplice: occorre uno studio approfondito della mobilità, dal momento che in quel punto confluiscono otto strade. Il nostro intento è mantenere e anzi potenziare il verde, ampliando il Parco lineare delle Mura.
Abbiamo lavorato a una proposta che abbiamo condiviso con un gruppo di ingegneri trasportisti della Sapienza, coordinato da Gaetano Fusco. Inizialmente ci hanno detto che eravamo pazzi, il traffico sul piazzale è intenso, ridurre le dimensioni delle carreggiate potrebbe peggiorarlo. Poi, però, abbiamo avviato un confronto costruttivo. Le nostre priorità erano: potenziare lo spazio pubblico, favorire la mobilità pedonale, migliorare l’attraversamento della piazza. Per raggiungere questi obiettivi, abbiamo ridotto le esigenze di scorrimento veicolare, introdotto sensi unici – ad esempio su via di Porta Ardeatina – ed eliminato gli stalli per i bus turistici.
Ovviamente, il solo progetto di piazzale Ostiense non è sufficiente. Bisogna intervenire anche su piazzale dei Partigiani, dove immaginiamo si possano spostare l’Archeotram e i capolinea dei bus.
Ciò che è certo, però, è che quest’area ha un grande potenziale: potrebbe diventare un importante nodo infrastrutturale, punto di convergenza di tutti i vettori del trasporto pubblico – ferrovia, metropolitana, autobus, tram – e porta di accesso al centro archeologico monumentale, grazie al posizionamento del capolinea dell’Archeotram, come ci ha insegnato a immaginare Walter Tocci.
Tutti, cittadini e turisti, potrebbero arrivare a piazzale Ostiense con qualsiasi mezzo, persino in aereo, se il Leonardo Express fermasse qui (vedi Caudo ndr). Da qui, poi, potrebbero salire sull’Archeotram e raggiungere facilmente la Roma archeologica.
EDOARDO ZANCHINI (Ufficio Clima di Roma Capitale)
La vivibilità di Roma sta cambiando: la città è diventata molto più calda, ed è cambiato anche l’andamento delle piogge. I dati fotografano chiaramente più lunghi periodi di temperature sopra le medie, con notti tropicali in crescita, piogge intense concentrate in sempre meno giorni. Se si vuol governare la città, bisogna porsi dentro questo scenario. Bisogna immaginarsi quel grande spazio, alla De Chirico, con spazi aperti, e una persona anziana che esce dalla stazione Ostiense e deve andare alla metro Piramide, in luglio alle 11 – un percorso rischioso.
I nostri studi per la Strategia di adattamento climatico approvata il 14 gennaio ci mostrano che la cosa più prevedibile è che Roma avrà il clima di Foggia – e succederà nei prossimi vent’anni. A questo ci dobbiamo preparare.
Ieri abbiamo presentato un lavoro sull’adattamento climatico che stiamo portando avanti in due Municipi della città finanziato da un programma europeo. Lavoreremo sull’area del centro storico e su quella di Centocelle perché sono quelle più delicate a Roma di giorno e di notte. Da lì usciremo con delle proposte, individuando quegli ambiti dove esistono opportunità per abbassare un po’ la temperatura. Non sono tanti perché, se voi vedete come sono costruiti molti quartieri, larga parte degli spazi è occupata da edifici e coperta da pavimentazioni, spesso in asfalto. Ci sono tante situazioni da ripensare, come qui, a Ostiense, proprio perché è un importante nodo della mobilità, un posto che ogni giorno viene attraversato da un numero rilevante di persone. Il piazzale Ostiense è enorme: bisogna garantire percorsi coperti, ombra, abbassare la temperatura del piazzale, come è possibile fare scegliendo materiali a terra adatti, che fanno la differenza della qualità della vita, come dell’abitare.
In questi giorni c’è una giusta polemica su piazza dei Cinquecento, appena inaugurata, perché mancherebbero gli alberi. È una discussione importante, con un’attenzione da parte dell’opinione pubblica di cui abbiamo bisogno. Il mio augurio è che quando verrà completata la parte che oggi è ancora un cantiere si potrà vedere un giardino con tanti alberi come previsto dal progetto. Ma io credo che intanto possiamo dire che il Giubileo ha segnato un cambio di approccio alla progettazione delle piazze da parte dell’amministrazione, perché in ogni intervento è stata posta attenzione ai materiali utilizzati, all’acqua, al verde, così da diminuire il più possibile la temperatura percepita. Ora occorre continuare su questa strada.
WALTER TOCCI (Consulente del Sindaco per il CArMe)
Ogni tanto qualcuno mi chiede: ma che cos’è questo Archeotram? Prima della presentazione del progetto c’è già stata una campagna ostile volutamente mirata a fraintendere gli obiettivi, fino a sostenere che volevamo installare i binari in via dei Fori. È vero l’esatto contrario. Il tracciato su via dei Fori, deciso avventatamente dalla sindaca Raggi, è stato cancellato dall’attuale amministrazione, al fine di evitare un vincolo infrastrutturale che avrebbe impedito il radicale ripensamento dell’intero assetto dell’area archeologica centrale. È maturo il tempo, infatti, per concludere la vicenda novecentesca, nella quale si è utilizzata l’area archeologica, una delle più preziose al mondo, come attraversamento dei flussi meccanizzati dalla periferia verso il centro. Invece di una mobilità di attraversamento dobbiamo progettare un modello di accessibilità, cioè un sistema che aiuti la visita nell’area e attivi nuove relazioni tra la città antica e la città moderna.
Dietro l’Archeotram c’è un cambiamento di visione. È un po’ come un esperimento gestaltico: nella stessa immagine alcuni vedono un papero, altri vedono una lepre. Allo stesso modo il progetto urbano scaturisce da uno sguardo nuovo verso la città. Richard Sennett in un bellissimo libro – La coscienza dell’occhio – ha svelato l’etimologia di theorein nel rapporto tra la visione e la teoria, tra il vedere e il pensare la città e quindi progettare la trasformazione. Un bel progetto, come quello che ci ha appena mostrato Eliana Cangelli per piazzale Ostiense, è sempre un’opera di riconoscimento della città. Ri-conoscimento col trattino, come lo scrivono i filosofi. Cioè conoscere di nuovo quel luogo, guardarlo con uno sguardo diverso dal consueto. E quando riesce questa operazione, cioè quando si realizza un bel progetto, si attiva anche un riconoscimento sociale, cioè i cittadini si riconoscono in quel luogo e si riconoscono tra di loro. C’è una proprietà transitiva del Ri-conoscimento.
Tutte queste cose le abbiamo imparate da Italo Insolera. Ho avuto il privilegio di chiamarlo al mio fianco, ormai trent’anni fa, come consulente per il tram a Roma. Venne da me, facemmo una lunga discussione su quello che avremmo dovuto realizzare. Parlare con lui era sempre una preziosa esperienza intellettuale. Ma poi Italo scomparve, non riuscii più a trovarlo. Telefonavo, non mi rispondeva, per mesi. Pensai che ci avesse ripensato. Era già un caro amico all’epoca, però aveva un carattere un po’ difficile.
All’improvviso mi chiama, dice: è tutto pronto. Ah, meno male. Torna da me e mi getta sul tavolo qualche centinaio di fotografie – era un grande appassionato di fotografia – e mi dice: “Ecco il progetto, basta vedere la città. Ce lo dice la città quello che dobbiamo fare”. E questo è vero soprattutto a Roma, poiché ce lo dice Roma il senso del progetto, se interpretiamo bene la ricca stratificazione antica e moderna. Interpretare bene significa ragionare sulla storia, senza cadere nella sicumera della retorica di “Roma città eterna”, bensì cercare il lato più paradossale delle trasformazioni, per comprendere meglio le incertezze e le fragilità della vicenda urbana. Allora emerge l’idea dell’Archeotram come inaspettato paradosso.
All’inizio degli anni ’20 Roma aveva una vasta rete di trasporto su ferro, all’altezza delle altre grandi città europee. Qui vicino abbiamo la Roma Lido definita da Legambiente la linea Caronte. La malagestione ci ha fatto dimenticare che negli anni ’20 era la migliore linea di trasporto, un’infrastruttura all’avanguardia, perché aveva l’accesso a raso tra banchina e pianale del treno; aveva pensiline in cemento armato; aveva quella bella stazione di Marcello Piacentini, ancora giovane, ancora indenne dalla retorica del ventennio.
Poi ci fu il grande discorso per l’inaugurazione del Governatorato, in cui Mussolini disse tre cose. È il più efficace discorso politico del ‘900, al di là del nostro pessimo giudizio di valore, poiché indica tre obiettivi che si realizzano effettivamente anche dopo il ventennio fascista: le borgate; lo sviluppo verso il mare; l’eliminazione della “stolta contaminazione tramviaria”. Lo smantellamento della rete comincia subito. E prosegue con i governi democristiani negli anni ’50 e ’60. È la spinta dell’epoca del fordismo, della Fiat in particolare: non una “spinta gentile”, ma una vera e propria operazione ideologica ed economica mirata a smantellare l’infrastruttura tranviaria per fare largo alle automobili.
Con un gioco di fantasia ho immaginato che a eliminare i tram sia stata una sola persona nell’arco di quasi 80 anni, un pervicace “Smantellatore”. Forse era un amante dell’archeologia, poiché ha lasciato l’unico tratto che collega quasi tutti i luoghi e i monumenti di Roma antica: Piramide, Circo Massimo, Celio, Palatino, Colosseo, Domus Aurea, Basilica di San Clemente, la quale da sola racconta i millenni della storia romana. E poi ancora le Mura a San Giovanni, Porta Maggiore con la Basilica ipogea lì accanto. E poi piazza Vittorio, anche se nell’immaginario non la percepiamo come luogo archeologico, è ricca di testimonianze: Auditorium di Mecenate, Trofei di Mario, Horti Lamiani negli scantinati del palazzo Enpam. E dove finisce? Alle Terme di Diocleziano e al Museo Archeologico Nazionale. Roma antica è quasi tutta su questo percorso.
L’Archeotram utilizza ed esalta la coppia di binari che in passato ha sostenuto la gloriosa Circolare rossa, poi il 30, infine il 3, cioè un’importante linea di trasporto per quasi tutto un secolo. Nel ribaltamento di visione scopriamo il tracciato tranviario come un vettore narrativo della storia antica e moderna di Roma.
Il tram è sempre un vettore narrativo: le città che ne hanno preso cura lo hanno poi sempre trasformato in un’icona. Pensiamo a Lisbona soprattutto, ma anche ad altre città europee. Torino ad esempio: quando mette in rete i suoi vecchi tram, i torinesi rispondono con entusiasmo. Perché? Il tram è narrativo in quanto resta a contatto con la città rendendo possibile l’invenzione del quotidiano.
Gli altri modi di trasporto invece si staccano dal tessuto urbano. Anche in questo caso, se li immaginiamo come persone emergono caratteri ostili all’urbanità. Per la Metropolitana la città è un incubo notturno da tenere a bada lasciando sempre accesa la luce artificiale. La Ferrovia non vuole contaminarsi con la città e gira alla larga andando via a passi lunghi. L’Automobile è uno stupratore seriale della città, violenta lo spazio pubblico, destruttura la forma urbana, ne amplia a dismisura la scala. Resta solo il tram a tessere una relazione intima con la città, raccontando la vita urbana come una favola. Per chi volesse approfondire, Edoardo Albinati ha scritto “19”, un racconto sul percorso, appunto, del tram 19.
In primavera cominceremo il servizio sperimentale dell’Archeotram; qualche giorno fa abbiamo fatto un primo giro di prova. Useremo un vecchio tram “Stanga”, uno storico modello di ingegneria. Pochi lo ricordano, ma è un brevetto internazionale realizzato da ingegneri romani alla fine degli anni ’30. Un brevetto diffuso in tutto il mondo. Ebbene sì, nelle aziende di trasporto romano si realizzavano brevetti internazionali; da non crederci se pensiamo all’attuale impoverimento professionale dell’azienda pubblica proprio nell’epoca della vorticosa crescita tecnologica.
Sullo “Stanga” ben restaurato e allestito con la livrea rossa si viaggerà con un normale biglietto Metrebus; la linea avrà il suo numero, il magico numero 7 di Roma, e avrà una frequenza di mezz’ora nella fase sperimentale.
Quando avremo l’Archeotram, se la sperimentazione andrà bene, si potrà potenziare la frequenza e rafforzare il servizio. A quel punto non ci sarà più motivo di vedere i pullman turistici dentro il perimetro del CArMe, e anzi si potranno eliminare anche dall’intera area compresa entro l’anello ferroviario. I vettori turistici potrebbero attestarsi nella zona Ostiense, consentendo lo scambio con il trasporto su ferro: i visitatori scenderebbero dai pullman per proseguire con un comodo tram facendo un’originale esperienza di viaggio, accompagnata da una narrazione del paesaggio archeologico.
Resta la questione dell’Appia Antica, uno dei luoghi più belli del mondo e purtroppo molto trascurato perché è difficile andarci. Eppure, anche qui abbiamo delle occasioni formidabili mai colte prima. C’è una stazioncina, Torricola, che sembra in attesa dei cowboy, come nel film di Sergio Leone. Oggi, però, le Ferrovie hanno aperto un cantiere di riqualificazione e ammodernamento del servizio. Rimane da completarlo con la realizzazione di un percorso ciclo-pedonale dalla stazione al tratto in basolato dell’Appia. Da Termini a Torricola in treno si arriva in 9 minuti; si può tornare verso il centro a piedi, in bicicletta o con un autobus elettrico, che potremmo chiamare Archeobus, fino a Porta Capena, dove si incrocia l’Archeotram per tornare a Termini. Si chiude così un grande anello di connessione tra l’archeologia centrale e l’Appia antica; potremmo chiamarlo ArcheoMetrebus, in modo da richiamare il principio di integrazione intermodale già applicato nel titolo di viaggio.
Questi nuovi servizi narrativi di trasporto poggiano sulla Nuova Passeggiata Archeologica, l’opera alla base del progetto CArMe, sulla quale abbiamo appena concluso un concorso di architettura. Ora sono in attuazione i segmenti di via San Gregorio e di via San Teodoro, poi si realizzerà anche via dei Cerchi ed entro l’anno partirà il cantiere di riqualificazione dell’asse centrale di via dei Fori imperiali.
In questo schema è cruciale Porta Capena, dove c’è la Casina Vignola Boccapaduli, oggi soffocata da un difficile incrocio viario. Il restauro della Casina è partito in questi giorni e presto verrà realizzata una piazza antistante, eliminando le ampie e inutili fase d’asfalto. Sarà un centro informativo particolarmente dedicato al rapporto tra l’area archeologica centrale e l’Appia antica. Un luogo a servizio dei visitatori e dei cittadini. A me piacerebbe allestire sulla facciata della Casina un grande stendardo con il titolo “Dai Fori all’Appia” in omaggio ad Antonio Cederna, che ci ha insegnato a pensare i Fori insieme all’area archeologica centrale e all’Appia. Per merito suo questo grande triangolo metropolitano dal Campidoglio ai Castelli si è salvato dalla speculazione edilizia novecentesca; ricordiamo la sua battaglia degli anni ’50 contro I vandali in casa.
Infine, si dovrà portare il tram più avanti, a piazzale dei Partigiani, sono 600 metri, per connettere la rete con la ferrovia. In quella stazione arrivano i flussi dall’aeroporto, da Civitavecchia e da tutta la linea tirrenica; quindi è un flusso importante, anche se, come sottolinea Giovanni Caudo, un po’ sottoutilizzato dalle Ferrovie.
Pensate alle potenzialità di quel piazzale, ripulito dal disordine attuale per farne un grande spazio vivibile ad uso dei viaggiatori e dei cittadini. E dall’altra parte la bellissima immagine proposta da Eliana Cangelli della Piramide liberata dall’angustia del traffico di via Persichetti, di nuovo connessa con la Porta S. Paolo e aperta sul piazzale Ostiense riqualificato. Il tram rende possibile questo mirabile paesaggio antico e moderno.
Ovviamente è solo un primo passo per risolvere, in una strategia più ampia, le incongruenze trasportistiche dell’area, sottolineate da Luca Reale. Potenzialmente è il nodo più potente del trasporto pubblico romano, poiché possiede tutte le modalità: la ferrovia, il tram, la metropolitana, la Roma Lido e molte linee di autobus. Ma sono tutti mezzi scollegati tra loro o comunque non di facile scambio. È come un nodo slacciato della scarpa, che di solito provoca l’inciampo del viandante. Già portare il tram al piazzale dei Partigiani è un primo passo verso l’integrazione, almeno con la ferrovia.
Però, nella mia esperienza di assessore ho sempre avuto una certa sfiducia sull’approccio autoreferenziale della politica dei trasporti, quando cioè viene pensata da sola a prescindere dall’assetto urbano. Per riconnettere davvero i modi di trasporto è necessario un ripensamento urbanistico del nodo, elaborando un’operazione più ricca e più complessa su questa parte di città.
Si potrebbe, per esempio, prendere in esame l’ipotesi di tombare la stazione della metropolitana, ne ha parlato qui Fabio Martellino sulla base di un’indicazione dell’assessore Maurizio Veloccia. In tal modo si realizzerebbe una piattaforma artificiale che oltre a favorire lo scambio tra i modi di trasporto costituirebbe uno spazio pubblico di connessione tra i tessuti urbani dell’Aventino, di Testaccio, di S. Saba e quelli di Ostiense. Inoltre, sul suolo artificiale sospeso sopra i binari si potrebbero collocare funzioni pregiate per attività di servizio e di cultura con architetture di alta qualità da selezionare mediante un concorso internazionale.
Da questo punto di vista il nodo urbano è molto importante per noi del Laboratorio CArMe, il gruppo che ha il compito di elaborare la strategia per il futuro del centro archeologico anche in relazione all’Appia Antica (è costituito dall’università Sapienza e Roma Tre, con e Orazio Carpenzano e Giovanni Longobardi e tanti altri, per citare i presenti Eliana Cangelli e Francesca Stabile). In questa strategia Ostiense è la Porta del CArMe, un luogo ricco di servizi, anche culturali di preparazione alla visita e alla conoscenza della città antica.
Non mi resta che fare i complimenti agli amici di Roma Ricerca Roma per aver richiamato nel dibattito romano l’area di Ostiense, la quale presenta da tanti punti di vista grandi criticità ma anche grandi opportunità, come spesso accade a Roma.
Riusciremo a realizzare al meglio questi progetti? La vigilanza democratica di Roma Ricerca Roma sarà sicuramente preziosa. Quindi ci chiamerete, nelle diverse fasi, a render conto di come vanno le cose, a discutere i progetti e a tenere vivo il dibattito pubblico su questi temi. La qualità del dibattito pubblico, di solito, contribuisce alla buona qualità dei progetti e delle opere.