Autore
Filippo Celata
Il 31 dicembre 2021 è stato pubblicato il decreto di assegnazione dei finanziamenti per la prima delle misure del PNRR dedicata alla rigenerazione urbana (1). L’esito è quello di cui alla mappa qui sotto. Ed è già un coro di proteste da parte dei Comuni esclusi. L’intera Italia del Nordest, ad esempio, ottiene poco o nulla. Perché? Per via del criterio utilizzato: l’indicatore di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM). E in effetti non hanno tutti i torti. Vediamo perché, e spieghiamo perché il peggio deve ancora venire.
Ma ci sarebbe anche altro da dire. In primo luogo riguardo l’approccio utilizzato, che è “guidato da criteri” (anzi da un unico indicatore), basato su singoli bandi di finanziamento, che al massimo stabiliscono vincoli e tipologie di interventi finanziabili, e che poi valutano solo su queste basi e separatamente i singoli interventi. A conferma della natura del PNRR come “piano senza piano”, come abbiamo detto e scritto altrove, privo di visione strategica e che si affida a sterili procedure e variabili statistiche.
Inoltre, i finanziamenti di cui sopra sono destinati ai Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, e per questo l’IVSM rilevante è quello medio comunale, il cui valore per Comune è nella mappa qui sotto. Ma gli interventi di rigenerazione sono destinati a specifiche zone all’interno dei Comuni, quelle (in teoria) più disagiate. Nulla esclude, ed è anzi frequente, che proprio nei Comuni più ricchi si nascondano sacche di vulnerabilità che in questo modo pagano per il fatto che nel loro Comune ci sono troppi ricchi. Ci sono, più in generale, rilevantissimi e noti problemi relativi alla scala e alla partizione utilizzata, in questo come in casi simili: cambiando la scala e la partizione, in breve, può cambiare tutto.
O ancora, prevale anche questa volta la logica dei finanziamenti a pioggia. Nessun Comune ottiene più di 20 milioni di Euro, e l’esito è quello di cui alla prima mappa: molto poco a quasi tutti i Comuni. Una pioggerella, insomma, soprattutto a confronto con le cifre immensamente più alte allocate su altri interventi del PNRR. Legittimando ulteriormente le proteste di chi da questi “quasi tutti i Comuni” è escluso. E vale per tutti: Roma (2,8 milioni di abitanti) ottiene meno di Carbonia (26.000 abitanti).
Ma il grosso deve ancora arrivare. Per le città metropolitane è prevista una misura specifica: i “piani urbani integrati” destinati alle periferie più “degradate” (sic), con interventi che saranno poi oggetto di pianificazione partecipata e anche di co-progettazione con il Terzo settore, tema del quale parleremo altrove. A Roma sono stati assegnati 330 milioni di Euro. La scadenza per la presentazione dei progetti è il prossimo 7 Marzo.
Ma come vengono identificate le periferie potenzialmente meritevoli di finanziamento? Sempre usando l’IVSM, questa volta (presumiamo) a scala sub-comunale, ed è prevista anche una soglia minima: le aree beneficiarie devono avere un ISVM superiore a 99. Nella mappa qui sotto riportiamo il valore dell’indice per quartiere a Roma, e i moltissimi quartieri potenzialmente eleggibili.
A scala sub-comunale emergono in maniera anche più evidente diverse criticità relative a come tale indicatore è pensato e calcolato. Basti pensare che a Roma sono eleggibili anche i Parioli, mentre la zona urbanistica “centro storico” (tra piazza del Popolo e piazza Venezia) ha un indice IVSM superiore a San Basilio, Ostia nord, Corviale e altri quartieri notoriamente molto problematici.
Come è possibile? Non tutto è noto a riguardo dell’IVSM, ma qualcosa lo possiamo dedurre. L’indicatore è calcolato a partire da sette variabili. Vediamo quelle a nostro avviso più problematiche.
In primo luogo la “incidenza di giovani fuori dal mercato del lavoro e dalla formazione”, i famosi NEET (indicatore 6). Lo sapevate che tale incidenza al centro di Roma è 5 volte superiore alla media comunale? Trastevere è poco sotto. Torre Angela, Ostia nord o San Basilio sono parecchio più giù. Possiamo solo ipotizzare che il problema sia l’ampia presenza al centro di residenti che risultano disoccupati perché vivono di rendite o peggio sono evasori, o perché qui le famiglie possono permettersi di avere i figli a spasso. Inoltre, si considera la percentuale delle famiglie con potenziale disagio assistenziale (indicatore 4), e fin qui tutto bene. Se non fosse che tali famiglie sono considerate quelle composte solo da anziani e con almeno un ultraottantenne: le zone centrali sono inevitabilmente favorite dall’ampia presenza di anziani. La stessa circostanza potrebbe incidere anche sulla percentuale di analfabeti o persone prive di titolo di studio (indicatore 1). Sulla percentuale di famiglie mono-genitoriali (indicatore 3) può pesare invece la più ampia presenza di divorziati, o il fatto che le famiglie che ce l’hanno stabiliscano la residenza di uno dei partner nella seconda casa. C’è inoltre un problema con i dati censuari relativo al fatto che diverse migliaia di senza fissa dimora (disoccupati, spesso analfabeti, ecc.) sono stati registrati presso l’indirizzo fisico di Caritas o enti simili, che nella gran parte dei casi sono al centro.
I dati sulla percentuale di famiglie con potenziale disagio economico (indicatore 7) li abbiamo. La mappa è qui sotto, e l’esito sembra più ragionevole. Perché, quindi, non utilizzare esclusivamente questo indicatore, o altri simili, o migliori, per esempio il reddito? Anche considerando che mettere insieme sette indicatori implica innumerevoli problemi: molto sono probabilmente correlati tra di loro, con il risultato di considerare più volte lo stesso criterio. Si sa, la ‘vulnerabilità’ o il disagio sono fenomeni complessi, multi-dimensionali e (aggiungiamo) fortemente legati al contesto; e allora torniamo all’inizio: servirebbe una valutazione complessa, multi-dimensionale e contestuale. Tutto il contrario di un unico indicatore sintetico. L’indice di disagio economico si basa poi sul numero di disoccupati. Oltre alla questione discussa in merito ai NEET, il problema è che i dati utilizzati sono relativi al 2011, perché solo in occasione dei censimenti sono resi disponibili alla scala comunale e sub-comunale. Il problema è particolarmente evidente laddove si tratta di dati, quali quelli sulla disoccupazione, con andamenti molto variabili nel tempo. E dal 2011 a oggi è cambiato il mondo.
E inoltre, di nuovo, si pone un (ancora più) enorme problema relativo alla scala e alla partizione utilizzata: ipotizziamo che saranno le zone urbanistiche, perché su queste l’Istat ha già reso disponibili i dati. Ma se poi fossero i municipi o le “aree di censimento” la situazione potrebbe mutare radicalmente.
Per concludere: se si decide di affidarsi esclusivamente ad indicatori, perché ai fini dell’assegnazione dei finanziamenti non si entra neanche nel merito dei progetti presentati (!), ma in qualche modo alcuni progetti devono essere esclusi, o semplicemente perché non c’è tempo, non si potrebbero almeno utilizzare indicatori che abbiano senso?
Così non è. Il risultato è che l’effettiva rispondenza degli interventi a un bisogno, a situazioni reali di vulnerabilità e disagio sociale, così come la loro qualità, è interamente affidata alla capacità dei Comuni di poter fare un ragionamento più serio e approfondito. Ma il tempo è pochissimo. L’unica è mettere insieme le progettualità che si hanno già, sperando siano valide, e sulle quali semmai si potrà intervenire dopo, quando però sia il ‘dove’ che il ‘cosa’ è già stato stabilito.
Colpisce ad esempio che tre dei nove progetti finanziati a Roma su questo primo bando (1) riguardino la “riqualificazione del patrimonio vegetazionale” e la sistemazione degli edifici e dei viali di Villa Ada (quasi 2 milioni di Euro), al centro di una delle zone più ricche di Roma. Nessuno nega l’esigenza dell’intervento, e un tocco di verde nel PNRR ci sta sempre bene. Ma in che senso si tratterebbe di ‘rigenerazione’?
Anche su questo ci sarebbe molto da dire, perché il termine oramai si usa per indicare qualsiasi cosa. Si scrive, in particolare, ‘rigenerazione’, ma si legge ‘riqualificazione’. Ma se così è, non sarebbe più opportuno utilizzare indicatori di selezione dei progetti coerenti con gli obiettivi perseguiti? Nel decreto che stabilisce gli interventi ammissibili si parla di “degrado sociale” (sic) e di “decoro urbano”, a conferma di un’insopportabile interpretazione estetico-securitaria della rigenerazione, della quale molto è già stato detto e scritto. Non è un caso che questi bandi siano gestiti dal Ministero dell’Interno (!): il problema al quale si vuole rispondere è evidentemente di ordine pubblico.
Del “disagio” sociale e di veri e propri fenomeni di “vulnerabilità” si occuperanno altre misure del PNRR, che non si capisce, tuttavia, dove potranno incontrarsi e integrarsi con queste: anche questo, che è l’elemento di gran lunga più problematico del PNRR, è interamente affidato alla volontà e alla capacità dei Comuni.
A Roma la situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che l’attuale giunta si è insediata a novembre 2021, a processo PNRR più che avviato, sostituendo una giunta – quella della Sindaca Raggi – che certo non ha brillato per capacità progettuali e strategiche. Speriamo bene..
(1) Nel Comune di Roma sono stati approvati nove progetti, per un totale di poco più di 10 mln di Euro, e in particolare: rifacimento impianto di riscaldamento della scuola elementare Elsa Morante (3,25 mln); rifacimento reti di distribuzione impianti termici a servizio di alcuni immobili ERP in via S. Satta, piazza B. Crivelli, via G. Vincon, via A. Forni e via del sommergibile (2 progetti di 1,4 e 0,9 mln); demolizione e ricostruzione scuola materna Pozzi de Curtis e scuola infanzia Pegaso (2 progetti di 1,1 e 0,7 mln); riqualificazione del patrimonio vegetazionale e sistemazione edifici e viali di Villa Ada (3 progetti, 1,9 mln).
Buongiorno, è piuttosto deprimente verificare che su Tor Fiscale che ha l’indice IVSM più alto della città :118,11 non sia stato previsto NULLA
Buongiorno, di nuovo scrivo come Presidente dell’Ass. La Torre del Fiscale OdV per fornire i dati riguardo all’indice IVSM di 118,11 del quartiere Torre del Fiscale – VII Municipio area Tuscolano.
Potete aiutarci a portare questo dato all’attenzione dell’opinione pubblica o dei pubblici uffici?
https://www.openpolis.it/numeri/livello-di-vulnerabilita-sociale-e-materiale-nelle-zone-urbanistiche-di-roma/
Grazie molte
Salve, confermiamo che Tor Fiscale figura seconda tra le zone urbanistiche di Roma per indicatore di vulnerabilità sociale e materiale, in particolare – deduciamo – per l’elevato disagio economico (il quartiere è secondo), l’alto tasso di disoccupazione (quinto, almeno nel 2011), l’elevato abbandono scolastico (sesto), la scarsa presenza di servizi per l’infanzia (129esimo, su 144), la bassa partecipazione alla scuola dell’obbligo (122esimo). Al netto delle critiche all’indicatore di cui all’articolo qui sopra, il disagio del quartiere è evidente, e purtroppo non sempre corrispondente a una adeguata attenzione da parte del decisore pubblico. Per qualsiasi cosa, siamo a disposizione. Filippo Celata (per Roma Ricerca Roma)