Autore
Alessandra Valentinelli
Il 18 gennaio scorso si è tenuto in Aula Giulio Cesare un interessante convegno dedicato al “Clima: le sfide dell’adattamento nella città di Roma”. Promosso dal neocostituito Ufficio Clima della Capitale in collaborazione con gli Assessorati ai Lavori Pubblici e all’Ambiente, ha riunito vari esperti che in questi anni hanno approfondito le ripercussioni dei cambiamenti climatici a Roma con specifica attenzione ai due tipi di rischio che maggiormente colpiscono la città: gli allagamenti e le ondate di calore. La presenza del Sindaco, dei due assessori di riferimento, lo spessore dei contributi scientifici hanno dato chiaro segnale della preoccupazione che serpeggia nell’Amministrazione nel trovarsi a dover fronteggiare, oltre ai diffusi e noti fenomeni di allagamento e ad anomalie di temperatura sempre più marcate, anche rischi di intensità e frequenza crescenti, con dinamiche degli eventi sempre più complesse e impatti sempre peggio correlati ai territori dove abitano le fasce socialmente deboli della popolazione. Quanto emerso dagli interventi degli studiosi descrive infatti una città particolarmente vulnerabile a quei processi di cambiamento climatico oggi in atto nelle aree costiere per il riscaldarsi delle acque marine: avversità meteorologiche amplificate dalla forza dei venti e dalle quantità istantanee di pioggia, alternate a prolungate siccità con effetti di compromissione dei già fragili assetti ecosistemici mediterranei potenzialmente gravi e, nel medio termine, forse irreversibili per i servizi ambientali da questi assicurati. Per la Capitale, i dati ISPRA, CMCC o del Dipartimento di Epidemiologia della ASL Roma 1/SSR Lazio sono implacabili, dal consumo di suolo di cui Roma detiene il primato nazionale, alle differenze di oltre 3°C fra il centro e le corone periferiche, alle condizioni di svantaggio, climatico e insieme sanitario, in cui versa l’intero quadrante orientale. A causa dell’inerzia delle alterazioni climatiche che abbiamo generato, è questa nei prossimi anni, la quotidianità con cui dovremo misurarci: indipendentemente dagli sforzi di mitigazione delle emissioni climalteranti, l’adattamento è un’opzione priva di alternative. Qualche perplessità è sorta tuttavia per i progetti bandiera della Capitale illustrati nella prima sessione sulle acque: 1,8 miliardi di euro che il Sindaco Gualtieri ha definito “investimento senza precedenti” per interventi, tra gli altri, sulla diga del Peschiera e le reti acquedottistiche, le casse di espansione del Paglia e la pulizia dei fossi minori. Si è avuta infatti l’impressione che l’elenco delle azioni configuri altro da una nuova ed organica strategia di adattamento, e piuttosto la calendarizzazione di opere singolarmente e settorialmente già progettate, sensazione acuita dall’assenza di considerazioni sull’impatto ambientale che inevitabilmente, e talora motivatamente le soluzioni ingegneristiche comportano, mentre se ne magnifica la “sostenibilità”. Nella comprensibile soddisfazione per l’abbondanza di finanziamenti resi disponibili dal PNRR, l’Autorità del Tevere ha così ad esempio elogiato l’utilità di vasche di laminazione per la difesa idraulica come potenziali serbatoi contro la siccità, senza preoccuparsi di spiegare quale dimensionamento delle opere si renderebbe necessario per superare il regime di stagionalità delle piene autunnali in eccesso rispetto alle crisi estive, o la diversa qualità delle acque raccolte in relazione a scopi d’utilizzo multiplo. Si è parlato di pulizia del reticolo di corsi e marrane minori senza una riflessione sulle pur più essenziali funzioni idrologiche della vegetazione riparia, o del vasto ammodernamento della rete fognaria senza accenni a sistemi di drenaggio che vadano oltre la manutenzione delle caditoie e servano almeno le arterie viarie principali. Si è infine da più parti lamentata la carenza di dati satellitari e modelli di calcolo quasi che, nelle allerte “climatiche”, sia il contenuto tecnologico e non la celerità della catena di trasmissione e coordinamento delle informazioni da veicolare, la priorità purtroppo ancora da colmare perché i cittadini riescano a mettersi in salvo. Così, nella sfida climatica per il governo delle acque, la politica capitolina di adattamento al clima è apparsa la versione “B” della classica “emergenza” che, anche quando mette al centro rischi climatici sino a ieri negletti, continua a guardare con insofferenza alle soluzioni ambientali con cui potrebbe prevenirne le manifestazioni più estreme. Più della prima, è perciò stata la seconda sessione sulle ondate di calore a fornire qualche rassicurazione sulla quota di rischio evitabile agendo sulle vulnerabilità correlate al malgoverno dei territori esposti: Roma prevede 1 milione di alberi per un Piano di forestazione che punta su 5 progetti prioritari, tra cui il Tevere come dorsale ecologica fondamentale, reimpianti lineari per le alberature stradali, e un Piano di “riassetto” delle potature più consono dei tagli indiscriminati che da troppi anni deturpano il paesaggio arboreo capitolino; la città potrà inoltre avvalersi del bagaglio proficuamente acquisito con la partecipazione al progetto europeo Soil4life, quali l’abaco degli interventi o le carte della permeabilità. Quella che dunque è parsa delinearsi è una diversa prospettiva, peraltro ormai largamente sperimentata in molte altre capitali, per la ripermeabilizzazione e la rinaturazione del contesto urbano: un percorso di rewilding sempre meglio mirato alla tutela, alla disseminazione e ricostituzione della biodiversità, funzionale al potenziamento dei servizi ecosistemici di raffrescamento e ricircolo dell’aria, di assorbimento e filtraggio delle piogge. Per tradurre tali strumenti in un efficace Piano “C” per il Clima basterà allora riunificare quelli che per il momento restano due assi separati di contrasto ai rischi di allagamento e alle isole di calore, entro una visione integrata d’uso dei suoli in grado di determinare indirizzi trasversali all’Ambiente e ai Lavori pubblici, e scelte coerenti di trasformazione urbanistica: un’articolata strategia per la realizzazione dei grandi corridoi ecologici che, assieme al Tevere e all’Appia, dovranno incunearsi dal mare e dall’Agro nel cuore della Capitale, ancorandosi al verde esistente, ai vuoti di attese edificatorie da tempo dormienti, al recupero di strade e piazze ottenuto attraverso la moderazione del traffico viabilistico, al fine di adattare Roma non semplicemente al clima, ma alle complessive esigenze di vita nella città contemporanea.
Isola di calore (UHI °C 2021)
L’intensità media dell’Isola di Calore (UHI) rilevata nelle aree centrali e nei settori sud orientali di Roma mostra temperature più elevate di quasi 3°C, con picchi sino a 4-6°C.
(Fonte: Profilo di Salute ed Equità, Rapporto Regione Lazio 2021)
Distribuzione delle aree verdi con superficie > 0,5 ettari
A Roma solo il 50% della popolazione abita a meno di 300 metri da uno spazio verde > 0,5 ettari; si stima che la mancanza di verde provochi 979 decessi/anno.
(Fonte: Profilo di Salute ed Equità, Rapporto Regione Lazio 2021)