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Alessandra Valentinelli

Un testo capace di svelare “la città rimasta sino a quel momento invisibile”, così Claudia Conforti ha definito Roma moderna, lo scritto più noto di Italo Insolera, agli incontri organizzati in primavera al Parco delle Energie ex Snia di Via Prenestina a Roma, per il decennale della scomparsa.

Invisibili sono i luoghi che la speculazione ha imposto di considerare supporti indistinti per la crescita edilizia, indifferenti alle tracce che la storia ha stratificato nella città o gli abitanti vi hanno impresso per ricostituirne la vivibilità; segni riconoscibili, spesso caratterizzanti che avrebbero potuto, e in tanti casi dovuto, orientare le istituzioni nella scelta di riservare quei terreni ad altri usi: parchi e servizi la cui macroscopica assenza nelle periferie della grande espansione postbellica Insolera non si è mai stancato di denunciare, scuole e strutture culturali la cui dotazione, ci spiega Giulio Cederna, sconta ancora insufficienze inaccettabili per una capitale. È il ‘regime dell’Urbe’ individuato da Ernesto D’Albergo, Giulio Moini e Barbara Pizzo in un saggio importante per comprenderne, nelle passate dinamiche, la stretta attualità: il dazio pagato dalla collettività ai proprietari dei suoli, il ricatto di una casa in cambio della città che ha infine determinato il riscatto di una comunità indignata al punto da riconoscere nei propri diritti di cittadinanza, lo spazio urbano di cui riappropriarsi.

Difficile ricordare Roma moderna senza pensare all’amicizia tra Insolera e Antonio Cederna. Quando si incontrano, Cederna è già un brillante e stimato giornalista, Insolera un promettente urbanista, di otto anni più giovane, da poco premiato per il suo studio urbanistico sulla Capitale. È il 1957. Quell’anno a Roma si combattono due partite decisive per il fronte culturale sorto nel dopoguerra contro il protrarsi degli sventramenti in centro storico: il processo alla principale impresa di costruzioni dell’Urbe, la Società Generale Immobiliare che dalla Giunta ha ottenuto lucrosi benefici sotto forma di incrementi delle cubature edificabili; l’apertura al pubblico del parco di Villa Ada, ex residenza Savoia. Con l’assoluzione dell’una e viceversa la destinazione a verde della seconda, la revisione del Piano regolatore adottato nel Ventennio diventa materia di una vasta campagna di opinione, agitata dagli opposti schieramenti elettorali alle amministrative del 1960.

All’epoca Cederna è vicino all’associazionismo mentre il premio ricevuto nel 1954 ha introdotto Insolera nella cerchia di Adriano Olivetti e dell’Istituto Nazionale di Urbanistica da lui presieduto. Per la prestigiosa rivista Urbanistica dell’INU, nel 1959 Insolera ha curato una monografia sui lavori preliminari al nuovo PRG. Ora vorrebbe incidere sul dibattito prima della chiusura dei giochi; riprende e approfondisce le sue ricerche sulle trasformazioni dell’Urbe dall’Unità d’Italia: sta nascendo Roma moderna. È Cederna a insistere perché il saggio sia pubblicato da Einaudi, lui a presentarlo all’editore che però prende tempo. Insolera si spazientisce. Nel pieno della discussione sul Piano, le aspettative sono altissime, le polemiche roventi. Insolera sa che a giochi fatti, la sua non sarà considerata una posizione tecnica ma una dichiarazione politica.

Roma moderna esce nel 1962. Cederna lo recensisce sul Mondo il 21 giugno 1963: “Il primo libro che spieghi organicamente le ragioni dell’irresistibile sfacelo di questa disgraziatissima città. Dopo tante nauseabonde sbavature romanistiche, dopo tante inconcludenti e sentimentali divagazioni letterarie, gli sviluppi di Roma si sono finalmente presentati nelle loro componenti reali: la storia di una città mancata, preda di una classe dirigente arretrata, nemica dell’interesse pubblico, che ha fatto di Roma un agglomerato inumano”. Caso letterario tutt’oggi dopo sessant’anni di ristampe, Insolera ne pagherà il successo con vent’anni di attesa prima ricevere, nella nuova stagione capitolina di Argan poi di Tocci, un incarico dall’Amministrazione. A saldarsi però è il rapporto con Cederna. Durerà tutta la vita.

I ritratti di Cederna, scattati da Insolera alla sagra del Divino Amore del 1959, manifestano nelle pose giocose la complicità che ne cementerà il legame e la reciproca stima. Li accomuna subito l’interesse per la storia dei processi territoriali e ciò che meglio li distingue dai rispettivi colleghi: l’approccio interdisciplinare. Ne traggono uno sguardo mai banale sui cambiamenti fisici della città e a come si riflettano nel quotidiano dei suoi abitanti: Insolera con un giudizio radicale sugli interessi della rendita, Cederna con una pionieristica consapevolezza ambientale. Ciascuno col proprio registro, esprimono l’ambizione a una diversa modernità declinata come vantaggio collettivo, realizzata attraverso la tutela del patrimonio pubblico; dove questo capitale è danneggiato, oltraggiato, disperso, per entrambi è in pericolo il fondamento stesso dello sviluppo. 

Nel maturare delle riflessioni, nell’affinarsi del senso critico, gli iniziali punti di contatto evolvono in acquisizioni complementari. Lo testimoniano le loro ultime battaglie per l’Appia e i Fori; le eccellenze archeologiche vi sono ormai descritte come parte integrante di un complesso sistema ambientale, quel singolare intreccio tra natura e comunità operante che ha plasmato il paesaggio romano e la cui salvaguardia appare loro il fattore propulsivo di rinascita dell’Urbe. Nella loro foto più famosa, Francesco Perego li coglie insieme sullo sfondo dei Fori mentre sono in corso i restauri voluti da Adriano La Regina. Il recupero dei monumenti antichi è atteso preludere alla pedonalizzazione dell’area, quindi al completo riassetto del traffico cittadino: uno scenario di organico riequilibrio urbano che le loro parole hanno delineato e le cui valenze le loro lotte hanno rivendicato per tutta la città.

Quella foto resta un simbolo, non solo e non tanto di una scommessa che le istituzioni da allora non hanno mai raccolto, ma piuttosto dell’eredità che la loro amicizia ci ha lasciato: gli strumenti per sottrarre all’invisibilità il futuro possibile della Città eterna. Grazie ai loro scritti, alle azioni, all’impegno costante oggi molti vedono luoghi dove sino a ieri si credeva il vuoto, la sfida per un altro presente che i due amici ci ricordano di rilanciare, sempre.