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Ella Baffoni intervista Roberta Cipollini

La metropoli continua. Storia e vita sociale del quadrante sud di Roma. E’ appena uscita una ponderosa ricerca a cura di Roberta Cipollini, Francesca Romana Lenzi, Francesco Giovanni Truglia (La Sapienza editrice, pag. 485, 40 euro), seguito ideale de La metropoli ineguale. Analisi sociologica del quadrante est di Roma, autori Cipollini e Truglia, del 2015. Seguito ideale, stesso studio accurato, fitto di dati e informazioni, ma con alcune significative diversità.  Ne abbiamo parlato con Roberta Cipollini, già docente di Sociologia alla Sapienza, Università di Roma.

R.R.R. Il titolo del primo volume di questa ricerca era “La metropoli ineguale” e analizzava il quadrante est di Roma. Ora esce il seguito, sul quadrante sud: “La metropoli continua”. Ineguale e continua, un aggettivo non nega l’altro…

R.C. Questo secondo volume si pone in continuità con il primo e, al contempo, si caratterizza per alcune specificità. Un primo elemento di continuità riguarda il ruolo assegnato alle problematiche connesse al mutamento sociale in un contesto urbano anch’esso in mutamento. In  La Metropoli ineguale avevamo analizzato quel territorio, Roma est, da molti punti di vista: socio-demografico, socio-economico- culturale dell’immenso territorio comunale scendendo nel dettaglio delle Zone urbanistiche e cercando di fotografare realisticamente la grande varietà dei territori in esso racchiusi. In tal senso La metropoli ineguale dà conto sia degli squilibri e sia della non omologazione tra e nei diversi territori della città e del quadrante Est.
Questo approccio analitico, oltre a mettere in evidenza il carattere non-monolitico di Roma, ha consentito di ampliare  il raggio delle analisi sull’evoluzione stessa del significato di “città” che sembra si sia assestata, almeno momentaneamente, su diverse dimensioni cognitive, quali centro-periferia, compattezza-diffusione, densità-liquidità, ecc., che sono non solo le chiavi interpretative alle quali si è fatto riferimento, ma anche le ipotesi sottoposte a verifica empirica nel due contesti di ricerca.
Pur densissima di evidenze empiriche che hanno fornito una preziosa rappresentazione dell’eterogeneità dei mondi sociali e delle ineguaglianze socio-culturali e economiche che le caratterizzano, la prima esperienza di ricerca sul Quadrante Est ha fatto emergere la necessità di trovare una chiave di lettura aggiuntiva dei territori urbani: la storia e l’analisi della loro vita sociale.
In  La metropoli continua, ancora in un’ottica comparativa tra il Quadrante sud e i restanti settori della città, si è scelta la nuova chiave di lettura del mutamento urbano: a partire dalla storia e memorie dei territori l’analisi empirica si è concentrata sulla vita sociale che caratterizza i diversi contesti urbani (dinamiche residenziali, mobilità, configurazione dei luoghi della socialità, localizzazione delle comunità straniere, associazionismo e alcune dimensioni dell’in-sicurezza urbana (domestica, incidentalità stradale e in itinere). Questo approccio ha richiesto il reperimento di una grande varietà di dati tratti da Miur, Ufficio di Statistica e Open Data di Roma Capitale, Csv, Inail, oltre che Istat Censimento 2011 e altre fonti).
La scelta di focalizzare l’analisi sul quadrante sud è sta determinata da un dato di contiguità e di relazione funzionale tra due settori urbani (quadrante Est e quadrante Sud), già delineata nel primo contesto di ricerca, che avrebbe potuto emergere in modo più chiaro attraverso l’analisi  della vita sociale e del suo mutamento. Nel primo volume abbiamo puntato l’attenzione sugli squilibri, le disuguaglianze e anche la ricchezza delle diversità. Nel secondo abbiamo sottolineato la persistenza del concetto di città, come trama di relazioni e funzioni sociali, nonostante il mutamento sociale apportato dalla grande trasformazione urbana degli ultimi 30 anni. Ma i due libri sono uno la continuazione dell’altro e ne condividono lo spirito di ricerca.

Ostia Antica

R.R.R. Il quadrante sud è più grande di una media città, oltre mezzo milione di abitanti…

R.C. E’ immenso, confina con la via Appia a est, con il tracciato del Tevere a ovest fino al mare di Ostia, sovrapponibile ai confini della coda della cometa tracciati negli anni Trenta da Gustavo Giovannoni.
Un quadrante che riflette la storia urbanistica della città e nello stesso tempo una storia specifica, con l’orientamento all’espansione della città verso il mare, la bonifica dell’Agro ostiense,  la fondazione di Ostia Nuova nei primi del Novecento, una storia di cui molti hanno perso memoria. Ci aiuta la toponomastica, che  ricorda personaggi e eventi come il Monumento ai braccianti ravennati in piazza Umberto I e via Federico Bazzini ad Ostia Antica, Piazza dei Ravennati e via Armando Armuzzi;  ad Acilia e Dragona Via dei Romagnoli,  che ricorda i braccianti che vennero a lavorare alla bonifica. Erano di Ravenna e costituirono la prima cooperativa bracciantile della storia d’Italia, l’”Associazione generale braccianti del comune di Ravenna”. Ancora la toponomastica: il ponte della Scafa che ha preso il nome dal battello sul Tevere trainato da fune fissa che congiungeva  Ostia Antica a Fiumicino al tempo della bonifica.
Il quadrante sud è una media città, con quartieri che riflettono storie e memorie rilevanti per l’intera città (Ostiense, Garbatella, Eur, Tormarancia, Cecchignola, Laurentino, Grottaperfetta, Decima) e nello stesso tempo definiscono  una differenziazione al suo interno di storie e memorie che tendono a definire settori urbani contigui ma non sovrapponibili. La via Pontina sembra segnare una confine tra territori, che pur condividendo le criticità delle modalità di espansione urbana (dall’abusivismo, alla edificazione di quartieri di edilizia pubblica a cui ha fatto seguito un impetuoso intervento di iniziativa privata), riflettono storie e memorie differenti, centrati sul ricordo e sulla storia dell’espansione di Roma verso il mare  (Eur, Acilia, Casalpalocco, Axa, Vitinia, Ostia Antica, Ostia) che ancora incidono sugli assetti della vita sociale e che non sono condivisi dai territori posti oltre la via Pontina e fino all’Appia.

Ostia Antica

R.R.R. Analizzare il mutamento sociale, hai detto. In che senso?

R.C. Focalizzare l’analisi sulla vita sociale ci ha consentito di mettere a fuoco alcune dinamiche di mutamento sfuggite alla ricerca precedente, in cui avevamo rilevato il mutamento dei territori anulari e extranulari, evidenziando una sorta di chiusura individualistica in un contesto di carenza strutturale di servizi essenziali (dai trasporti alle strutture culturali), rispetto alla città compatta più coesa e aperta socialmente. In questo contesto le categorie concettuali si ponevano in termini dicotomici: centro/periferia, densità/diffusione urbana, coesione/anomia. Alla luce dell’analisi effettuata emerge un’immagine più eterogenea dei territori attorno al Gra: da una parte ci sono forti insediamenti di edilizia pubblica o di ex borgate risanate in cui gli abitanti sono stati protagonisti delle lotte per la casa o per i servizi e hanno costruito nel tempo comunità e rapporti di solidarietà. Una trama di storie, memorie, relazioni che hanno mantenuto un’idea di città.
Attorno e oltre il Gra però ci sono anche i nuovi quartieri di edilizia media che non hanno un preesistente tessuto sociale. Si delinea un’ulteriore dicotomia tra territori diversi e contigui che vedono contesti urbani in cui i legami associativi e relazionali resistono, e contesti che sperimentano la disgregazione e la fluidità delle relazioni tipiche di aree urbane che non hanno quella storia e quelle consuetudini sociali. Un mosaico di ricchezza e varietà: due forme di vita metropolitana che non sono compartimenti stagni ma si contaminano creando una varietà di stili di vita metropolitani, oscillanti tra localismo e un più fluido e anonimo sistema di relazioni metropolitane. Queste evidenze empiriche hanno richiesto un adattamento delle tradizionali categorie dicotomiche  che contrappongono  centro e periferia, città compatta e  città diffusa. La ricerca inoltre ha evidenziato un sorprendente intreccio di percorsi di mobilità tra sud e est che crea una rete di comunicazione sociale, culturale, economica che tende a delineare una autosufficienza dei due settori urbani. Il centro non è più al centro.

R.R.R. Uno dei punti focali della vostra analisi è la questione dell’insediamento degli stranieri.

R.C: Una nuova realtà urbana sorprendente. Era sfuggita, e non solo a noi, una dinamica fondamentale che negli anni si era realizzata nei diversi territori urbani: l’insediamento di migliaia di immigrati, quasi 300.000, non più ospitati  nelle case dove lavorano o nei centri di accoglienza, ma  una moltitudine di persone e famiglie, che si sono insediate con residenze autonome nei grandi quartieri popolari di Roma, negli insediamenti di edilizia pubblica, nelle ex-borgate, sia nella periferia storica che nella periferia anulare e extra-anulare (nel quadrante Sud Garbatella, Ostiense, Tor Marancia, Ostia, Acilia, Laurentino).
Una dinamica che ha interessato anche, e in modo più significativo in termini di rilevanza numerica, il quadrante est: a Torpignattara, Gordiani, Pietralata, Borghesiana, Torre Angela si rileva la presenza di decine di migliaia di stranieri appartenenti a diverse collettività nazionali, che danno origine a territori multiculturali. Un’immigrazione integrata, marcata dalla localizzazione di centri di culto diversi, che segnalano la presenza di comunità ben organizzate senza conflitti espliciti con le popolazioni locali residenti. Come se si fosse creato in modo spontaneo un sistema di relazioni interreligioso e interculturale progressivo che nessuna ingegneria sociale avrebbe saputo creare senza conflitto. Un elemento di grande valore: se pure ci sono stati episodi di intolleranza, essi sono stati rapidamente assorbiti. Probabilmente perché in quei quartieri si è vissuta prima l’immigrazione interna a carattere nazionale e successivamente quella straniera: in questi territori la memoria della relazione con la diversità è impressa nel sistema delle relazioni sociali e sembra consolidarsi con l’abitudine a relazioni di vicinato e con la condivisione delle criticità della vita quotidiana. Una potente azione della storia agita tra culture differenti e nella contemporaneità.

Ostia Antica

R.R.R. Poi, certo, c’è anche la criminalità organizzata che in alcune zone ha avuto una forte presenza.

R.C: Ostia, certo. Qui ci siamo trovati di fronte a una replica della storia della città. Ostia nasce nel 1921 come “città di riviera”, sul  modello delle città giardino, con una progettazione che ha visto impegnati i migliori architetti e urbanisti negli anni Venti e Trenta del Novecento (da Piacentini, a Mazzoni, a Libera), luogo di  soggiorno e divertimento per i cittadini di Roma che potevano godere della presenza quasi esotica del mare. Negli anni Sessanta e Settanta, Ostia ha rappresentato il contesto in cui poteva esprimersi un nuovo tipo di società fiduciosa nelle prospettive di sviluppo economico e di consumo in un contesto di spensieratezza e leggerezza.
Non è un caso che Ostia sia stato il set scelto da grandi registi, da Pasolini a Fellini, da Risi a Moretti, che riproducevano l’immagine di quella nuova stagione economica e sociale e di nuovi stili di vita. Ma già negli ultimi anni del fascismo l’operazione “città di rivera” era fallita, le zone di edilizia pubblica e l’abusivismo hanno fatto da volano alle speculazioni private. Nel dopoguerra l’espansione urbana è divenuta  ancora più impetuosa e ha delineato nettamente una  “periferia marginale” nel territorio nord, a Nuova Ostia, in cui sono state condotte le popolazioni urbane provenienti dalle demolizioni degli ultimi borghetti abusivi della città, nelle case popolari e nelle case di edilizia privata che cambiano nel tempo la destinazione d’uso: da case di vacanza per i cittadini di Roma ad abitazioni destinate alle popolazioni sgombrate dalla città abusiva. In tal modo, la “periferia di Ostia” è diventata il ricovero di ogni marginalità, un “ghetto senza speranza”, come l’ha definita un suo abitante: popolazioni sradicate dalla precedenti appartenenze e identificazioni, sono state inserite in contesti in cui non c’era possibilità di ricostruzione di nuove identificazioni. E’ in questo humus che cresce il senso di insicurezza, la protervia della criminalità organizzata, la necessità della protezione delle famiglie malavitose.
Ostia ha replicato una dicotomia tra centro, che ancora conserva, con magnifici edifici progettati da grandi architetti, una visione di coesione sociale se non di prestigio, e una periferia localizzabile nei territori di Ostia Ponente, che riflette caratteri di marginalità, disgregazione sociale, devianza. Lentamente questa immagine di pericolosità e insicurezza si è estesa nell’opinione pubblica all’intero territorio dei quartieri marini anche a seguito della successione impressionante di eventi di cronaca nera ampiamente riportati  dai mass media. Fino agli anni  Settanta Ostia faceva ancora parte della vita della città e ora, anche grazie alla lontananza delle amministrazioni, non è più così.
Eppure, nonostante ci sia la consapevolezza di essere una realtà urbana lontana dalla capitale, resiste ancora in quel territorio un legame identitario con Roma. Anche per questo abbiamo titolato l’ultimo capitolo di questo libro “Il mare bagna Roma”, parafrasi del libro “Il mare non bagna Napoli” di Anna Maria Ortese. Una speranza, anche in questi anni segnati dalla distanza sociale indotta dalla pandemia, che la vita sociale riprenda il suo posto vitale nella città. Il quadrante sud si è rivelato  un laboratorio interculturale vitale e prezioso nelle sue diversità che potrebbe giungere a contraddire le note teorie sulla fine della città.