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Alessandro Specchia (Mercurio)
Roma è la capitale con il trasporto pubblico peggiore d’Europa. Lo dice un sondaggio effettuato dalla Commissione UE nel 2019, che assegna un indice di gradimento di solo il 26%.

Gli oltre 200 bus andati a fuoco dal 2016, le continue chiusure di stazioni della metropolitana (anche per un anno e oltre) a causa delle scale mobili ferme, i numerosi e quotidiani guasti e interruzioni del servizio che possono colpire ovunque e qualsiasi tipologia di mezzo, le stipatissime navette sostitutive (il terrore di qualsiasi utente ATAC), sono solo la punta dell’iceberg di una catastrofica situazione.
Solo per parlare del servizio bus, nel 2010 il servizio realmente effettuato da ATAC è stato di 108,9 Milioni di km, nel 2021 si attesta (in proiezione) sugli 84 Mln di km, pari a un crollo del -23%, equivalente a circa 6.000 corse in meno ogni giorno. Per il 2021 l’obiettivo del Concordato era di raggiungere il livello di servizio previsto dal contratto con il Comune, pari a 96,3 Mln km. Un obiettivo del tutto fuori portata.
Il servizio svolto dal privato Roma TPL dal 2010 ad oggi si è mantenuto poco sopra i 28 Mln di km (con picchi di 30 Mln Km), sostanzialmente invariato.
A causa della pandemia, nel 2021 è stato attivato un ulteriore supporto con gestori privati, in subaffidamento ad ATAC, per un totale (in proiezione, ed esclusi i mesi estivi in cui non è stato richiesto) di circa 5,4 Mln Km, pari ad un recupero di solo 1.500 corse al giorno.
I nuovissimi 862 autobus arrivati tra fine 2016 ed il 2021, in sostituzione di altrettanti ormai da rottamare, non sono bastati a cambiare scenario. Addirittura, il servizio del 1° semestre 2021 è risultato inferiore di ben 2,1 Mln km rispetto al 1° semestre 2016. Probabilmente perché nel frattempo la restante metà della flotta s’è fatta ancora più vecchia (a ottobre 2021 circolavano ancora oltre 300 bus Diesel Euro3). Inutile dire che servono investimenti regolari nel tempo, importanti anche per mantenere un flusso costante con la produzione industriale (basti pensare che il primo lotto di autobus nuovi è arrivato con molto ritardo, ed è stato prodotto in Turchia perché gli stabilimenti in Italia non erano ancora adeguatamente dimensionati).
Considerando che circa il 65% degli spostamenti con i mezzi pubblici a Roma avviene in superficie, da questi numeri è facile immaginare quanto sia in sofferenza il sistema mobilità.
Ma oltre alla quantità, a incidere fortemente è anche la qualità del servizio, sotto vari aspetti.
Uno è sicuramente l’irregolarità dei passaggi degli autobus alle fermate: almeno la metà passa in ritardo di oltre 5 minuti. Di fronte a un’anomalia così enorme, probabilmente va rivisto il sistema di “tabellazione” degli orari. L’incertezza sull’attesa è uno dei grossi disincentivi all’utilizzo dei mezzi pubblici.
Anche le incolpevoli “app” per smartphone che danno i tempi di attesa alle fermate, sono fortemente penalizzate da un sistema probabilmente obsoleto che aggiorna spesso “a singhiozzo” i dati sulla posizione dei bus, da un minimo di 30 secondi fino a ogni 3 minuti (un tempo eccessivo), ma anche con veri e propri “buchi” molto più lunghi. È auspicabile che tutto il sistema di Automatic Vehicle Monitoring (AVM), dagli apparati installati sui bus a tutta l’infrastruttura informatica, venga “esternalizzato” e gestito da una società esperta del settore. Dai dati di circolazione e di affollamento si possono ricavare infatti tante utilissime informazioni per poter migliorare il servizio, come le linee più affollate, le direttrici più utilizzate e in quali orari, le fermate critiche con più passeggeri e quelle inutili.
Ad esempio, da questo grafico in basso, possiamo vedere come la quantità di servizio erogata da ATAC (curva blu) non corrisponda con l’esigenza dei cittadini (curva rossa). Basterebbe anticipare di mezz’ora le uscite dalle rimesse la mattina, per armonizzare meglio domanda e offerta.

Mentre i cittadini elaborano idee, segnalano, propongono; mentre l’ISTAT certifica il crollo del numero di spostamenti effettuati con i mezzi pubblici (-40% in soli 8 anni: dai 1.464 Mln del 2011, agli 880 Mln del 2019) e anche qui Roma risulta la città peggiore d’Italia, il Comune garantisce che ATAC è su un percorso verso l’eccellenza. Il contratto di servizio prevede infatti che il Comune effettui dei controlli periodici, esprimendo delle valutazioni da cui poi discende l’applicazione di penali o meno. Ebbene il Comune ha messo nero su bianco un miracoloso aumento della qualità erogata del +35% in soli 3 anni dal 2016 al 2019, diminuendo le penali ad ATAC di quasi il -40%.
L’incredibile voto medio assegnato ad ATAC nel 2019 dal Comune per la qualità erogata è 72%. Il confronto con il misero 26% espresso dai cittadini secondo l’indagine UE all’inizio di questo articolo, fa venire qualche dubbio sulla reale volontà del Comune di verificare se i parametri del contratto, ed il servizio stesso, mettano al centro il cittadino e le sue esigenze.
