Indimenticabile, per chi l’ha potuta vedere, l’immagine di Porta Maggiore senza traffico, se non per il passaggio di qualche sporadico tram, durante il Covid. Indimenticabile, perché, finalmente libera dalla morsa di traffico che l’attanaglia ad ogni ora, e in qualche ora di più, mostrava la sua bellezza, il verde del prato, la tomba di Eurisace, i fornici e l’acquedotto. Monumenti, testimoni del tempo in cui Porta Maggiore era, fino a cento anni fa, davvero la porta d’ingresso di Roma.
Oggi, finita l’emergenza, quelle nobili pietre tornano ad essere uno spartitraffico come tanti, tra sbuffi di smog e clacson impazienti.
È proprio questa la suggestione evocata dagli organizzatori dell’incontro del 24 maggio al Polo universitario di Roma3, all’Esquilino. “Porta Maggiore da spartitraffico a spazio vivo. Come restituire a Roma un luogo straordinario per ricchezza di storia e cultura”. Roma Ricerca Roma e Metrovia hanno invitato quattro assessori (Patané al traffico, Gotor alla cultura, Veloccia all’urbanistica, Alfonsi all’ambiente) a discutere con i comitati del quartiere. Non a discutere del problema, ma di come risolverlo.
Perché il progetto, studiato e verificato dal basso, c’è già, lo ha elaborato l’associazione Metrovia. È accurato e dettagliato, e raccoglie i ragionamenti e le speranze dei comitati. Un peccato che gli assessori che pure avevano accettato l’invito, abbiano dovuto declinarlo per sopravvenuti impegni di giunta.
Così com’è, quel nodo tramviario non funziona, ha detto con chiarezza Paolo Arsena, di Metrovia. “Il Piano urbano per la mobilità sostenibile, il Pums, aggiunge nuove linee e rafforza il rischio di infarto del nodo. Noi proponiamo un’altra strada. Intanto, l’eliminazione dell’attraversamento centrale, i binari del trenino giallo che passano sotto i fornici romani. Spostando il percorso accanto alla ferrovia si restituirebbe dignità a quella pregiata archeologica. Via anche l’anello di binari che stringono la piazza, allargando il passaggio dei tram in uscita da Roma sul lato destro, un ferro di cavallo che consentirebbe una forte pedonalizzazione della piazza.
“Tram in sede esclusiva, passaggi regolari, priorità semaforica: tutti tram devono essere ammodernati” dice Arsena. “Un’occasione d’oro per l’amministrazione, perché può uscire da questo riassetto non con una sola linea di forza, la linea G, ma con ben quattro linee, cioè tutte quelle che passano per il nodo. Tram di nuova generazione e infrastrutture finalmente attrattive. E poi si potrà anche pensare a una fermata urbana del treno sul viadotto ferroviario.”
“Come la S-Bahn di Berlino!”, suggerisce l’ingegnere trasportista Giovanni Mantovani, esperto di tramvie e consulente di molte amministrazioni italiane (Firenze, Bologna). La nuova stazione funzionerebbe da collegamento diretto con San Lorenzo, attraverso l’ex-dogana, e darebbe un accesso finalmente dignitoso e attrezzato alla Basilica ipogea. Si potrebbero così eliminare i binari da via Giolitti, consentendone la pedonalizzazione fino a Termini. Liberando il tempio di Minerva Medica e santa Bibiana dalla schiavitù del trenino, che potrebbe passare sul fascio di binari già esistenti di via di Porta Maggiore e Napoleone III.
“Fateci caso: a Porta Maggiore, nonostante la grande valenza storica, i turisti non ci sono” nota Luca Reale di Roma Ricerca Roma. “Qui arrivano otto acquedotti imperiali, preesistenti alla costruzione delle Mura aureliane. Qui c’è la tomba di Eurisace, un dovizioso e fantasioso fornaio. Qui c’è un tempio ipogeo pitagorico, che vanta gli stucchi più belli di Roma. Qui si incontrano tre quartieri, Esquilino, San Lorenzo e Pigneto, è uno dei luoghi più “romani” di Roma. Perché non impegnarsi in una progettualità di lungo respiro, in una visione a lungo termine?”
Questo bisogna fare. Non considerare i resti antichi come un impaccio ma come una ricchezza. Per mettere al centro della riprogettazione della piazza la cultura e il benessere di chi vive e passa per quella piazza. Sì, perché c’è la questione del traffico, ma anche quella della vita degli abitanti, che lo subiscono.
Infatti gli abitanti partecipano con passione. Esquilino chiama Roma, Communia, Acquario romano, Spin Time Labs, Piazza Vittorio APS, Parco lineare. E poi Poleis, Comitato Piazza Vittorio partecipata, Esquilino vivo, Abitanti di via Giolitti che già si sono espressi con un comunicato a sostegno del progetto e per lo spostamento dei binari da via Giolitti: le associazioni vogliono essere parte attiva della nuova progettazione. Prendono parola, e gli interventi si susseguono agli interventi. Ad affiancarli, anche Valentina Cocco, che da funzionaria capitolina ha seguito la riprogettazione di Piazza Vittorio riuscendo a coinvolgere abitanti e associazioni, così che le idee nascano insieme e non si contrappongano.
Bellissimo proposito. Eppure l’assenza degli assessori non depone bene. E quando prende la parola il delegato dell’assessore al traffico, Alessandro Fuschiotto, le belle speranze cadono a terra. Un po’ per la rozzezza dell’esposizione, molto per il contenuto. Intanto il funzionario cerca di contrastare le proposte di questi comitati brandendo i desideri dei comitati più periferici di Giardinetti, Centocelle e Tor Vergata, come se un trasporto pubblico efficiente non fosse nei desideri di tutti i cittadini di Roma. Davvero un mezzuccio.
Poi, sorvolando sulle critiche al progetto del tram G che Corrado Cotignano di Metrovia aveva elencato con precisione nel suo intervento, affossa la proposta e decreta: “Dal punto di vista tecnologico non è possibile spostare un’altra linea sui binari di via di Porta Maggiore”. Perché? Mistero.
Uno dei problemi più irrisolti dell’attuale trenino giallo è in quelle decine di metri di binario unico prima di Ponte Casilino? Quelli resteranno lì, intoccati. Anzi Fuschiotto annuncia che su via Giolitti ce ne sarà un’altra, di strozzatura, accanto alla Minerva Medica. Proprio lì, per ottenere il faticoso assenso della Soprintendenza archeologica, i binari diventeranno uno. Un’altra ragione “tecnica” di rallentamento, con buona pace del tram moderno e dei comitati degli abitanti.
Proprio ora che è forte l’insofferenza diffusa verso l’amministrazione capitolina per l’annuncio dell’allargamento della fascia verde senza un compenso in trasporto pubblico, non è una mossa molto astuta quella di inimicarsi anche chi il trasporto pubblico lo vorrebbe più efficiente, e la città più bella. “Li chiameremo a discutere gli assessori, presto, prestissimo” assicura Barbara Pizzo, presidente di Roma Ricerca Roma, “questa non è solo una questione di mobilità. Ma riguarda anche l’urbanistica, i beni culturali, i servizi sociali, l’ambiente e i quartieri in cui viviamo. Oggi ci siamo messi tutti attorno a un tavolo, associazioni, tecnici e cittadini. E questa la proposta si è arricchita e rafforzata. Vedremo ora quali risposte arriveranno dall’amministrazione. Il Campidoglio ci ascolti, e parli con parole di verità, chiare, limpide. “Abbiamo già deciso” è una risposta irricevibile.”

Bravi, forza!
La citazione “Come la S-Bahn di Berlino” non rende il senso del mio intervento. Ho certamente detto, come in altre occasioni, che condivido assolutamente l’obiettivo di Metrovia, dare una sistemazione più consona a Porta Maggiore, e ho aggiunto che una fermata ferroviaria con sotto un viadotto ad arconi “vissuti”, come a Berlino, è un’idea affascinante. Ho anche detto, però, che la soluzione disegnata da Metrovia non può funzionare da un punto di vista viabilistico e trasportistico e che dunque bisogna affrontare il problema in modo più ampio, sistemico, per spalmare altrove il traffico che oggi grava sul nodo di Porta Maggiore.
Un cordiale saluto.
Ho sentito l’intervento di Mantovani in differita. E’ da una parte, e in parte, giusto, dall’altro ovvio. Cambiare un sistema della circolazione, per definizione, implica un cambiamento alla viabilità. L’importante è che la nuova offerta di servizio pubblico ecceda in qualità e quantità l’attuale offerta di servizio privato.
Ovviamente degli studi vanno fatti. Ma il trenino giallo è uno sproposito. Tanto più se con il binario unico su via Giolitti. Hai voglia, lì, a intersezioni col traffico e a impatti viabilistici.
Il tram G, come è pensato ora, è bizzarro. Direi che è il tipico gattopardismo: tutto cambia perché tutto rimanga come prima. Quelli di Metrovia, in grandi linee, avevo detto quali fossero le fonti di fattibilità. Mi pare che nessuno dei critici – anche in grandi linee – abbia contro argomentato in maniera efficace.