Autore
Federico Tomassi
Alfredo Macchiati, che ha contribuito al rapporto “Energie e reti” per Roma Ricerca Roma, ha appena pubblicato “2021: miracolo a Roma. Eredità e futuro possibile della Capitale”, edito da goWare, dove espande alcune considerazioni che aveva già proposto in un seminario del 2019 di EticaEconomia. Il libro ripercorre con efficace sintesi l’amministrazione comunale da quando è Capitale, i suoi problemi economici, sociali e urbanistici, alcune possibili strade per cambiare. Riecheggiano nelle pagine molti dei temi affrontati da Roma Ricerca Roma, fra tutti la difficile governance della città e dell’area metropolitana, lo sviluppo economico debole e fondato sulle rendite, l’inadeguata erogazione dei servizi pubblici (a cominciare ovviamente da trasporti e rifiuti), le disuguaglianze elevate ma non contrastate da politiche efficaci, il ruolo cruciale del patrimonio e della produzione culturale, la ricchezza potenziale dell’Agro romano.
Al centro dell’analisi c’è la necessità di attivare e mobilitare un “blocco sociale riformista” capace di cambiare profondamente le politiche pubbliche locali, nella direzione della modernizzazione della città e della ricomposizione delle tante fratture culturali, economiche e sociali. Per fare questo bisogna in primo luogo riconoscere quali sono le debolezze specifiche di Roma, pur in una complessiva debolezza del Paese che si rispecchia nella sua Capitale. Macchiati descrive il ruolo ambivalente della Chiesa, la pervasività della rendita fondiaria che ha spiazzato il rischio d’impresa, la limitatezza di una borghesia più interessata alla politica nazionale che allo sviluppo locale, il peso delle reti criminali che approfittano delle carenze pubbliche e private, e persino una certa “romanità” che si traduce in provincialismo, indifferenza e scarso spirito civico.
Solo in pochi periodi storici, contrassegnati da sindaci con idee forti ma realistiche e in sintonia con le dinamiche nazionali, come Nathan, Argan, Petroselli e Rutelli, l’amministrazione comunale è apparsa capace di operare con efficacia e di coinvolgere le necessarie competenze tecniche e culturali. Più recentemente non si è invece riusciti a coniugare l’aumento della domanda di servizi pubblici da parte dei cittadini – dovuta all’espansione edilizia, alle crescenti disuguaglianze e alla stagnazione dei redditi – con un adeguato sviluppo quantitativo e qualitativo dei servizi stessi, a parte quelli culturali, che però sono concentrati nei quartieri più centrali e utilizzati soprattutto dai ceti medio-alti.
È soprattutto sulle disuguaglianze sociali e territoriali, e sull’inadeguatezza dei servizi pubblici, che Macchiati si sofferma nel libro, proponendo alcuni spunti per ribaltare i problemi attuali. In primo luogo è necessario capire come stanno impattando sui romani le rendite immobiliari che modificano la destinazione d’uso delle abitazioni e inducono a spostarsi in quartieri più lontani e meno serviti ma con costi di acquisto o affitto inferiori, la tendenza all’impoverimento del ceto medio (i salari pubblici fermi, le scarse opportunità di trovare un lavoro “buono” e non precario o pagato poco, la crescita occupazionale nei servizi tradizionali poco innovativi e poco produttivi), le dinamiche dell’immigrazione con gli stranieri che ricevono mediamente un salario più basso e con minori garanzie. In secondo luogo, queste disuguaglianze non sono state contrastate efficacemente dalle politiche pubbliche, che ai vari livelli di governo hanno destinato risorse insufficienti e disorganizzate al sociale, alla casa e alla scuola, e hanno lasciato servizi inadeguati ai cittadini, in particolare per quanto riguarda la gestione delle due grandi aziende in house, ATAC e AMA.
La logica alla base del ragionamento appare affine rispetto al rapporto “Energie e reti”, dove abbiamo evidenziato come la sanità, l’acqua, l’energia, i trasporti e i rifiuti, e più in generale le infrastrutture e i servizi pubblici erogati a Roma e in tutta l’area metropolitana, rappresentino i fattori chiave per un ambiente urbano migliore e per la salute, il benessere e la qualità della vita dei cittadini. Di conseguenza, solo l’offerta di welfare, beni e servizi pubblici adeguati permetterà di accrescere le opportunità delle famiglie, gli investimenti delle imprese, la “buona” occupazione. Oggi, al contrario, la Capitale subisce un grave deterioramento e, in alcuni casi come trasporti e igiene urbana, una profonda crisi nei servizi pubblici, che vengono percepiti piuttosto come un vero “pericolo pubblico” e che esasperano le disparità tra cittadini invece di compensarle.
In questo quadro complicato da troppi anni di errori e inazione, sono tre gli ambiti prioritari su cui Macchiati propone di intervenire. Il primo è il recupero urbanistico delle periferie, con una ricomposizione del tessuto edilizio ora slabbrato e nuove infrastrutture che permettano ai romani che abitano intorno e oltre il GRA di tornare pienamente cittadini. Il secondo è il rilancio industriale delle grandi aziende comunali, da trasformare in multiutility quotate a controllo rigorosamente pubblico ma con gestione privatistica, ponendo nello statuto un orientamento esplicito al soddisfacimento dei bisogni della collettività. Il terzo è la promozione di Roma come capitale culturale, con una rete di istituzioni pubbliche e private più integrata rispetto ad oggi, capace di attirare studenti, professionisti e investimenti, intervenendo in particolare sui restauri, sugli eventi, su un nuovo politecnico, sulla formazione artistica, sul settore audiovisivo, sulla ricchezza dell’Agro romano.
Come conclude l’autore, si tratta di “una grande sfida per i prossimi amministratori”!